
Il mondo sta crollando, gente reclusa in casa, manco un urlo di sirena ad avvertirci un provvido riparo sicuro nei rifugi antiaerei per l’imminente bombardamento da parte del nemico, un pericolo “visibile”, fisico, dal quale poterci difendere. Oggi il nemico si è fatto trasparente, invisibile, pronto a colpire quanto meno ce l’aspettiamo e contro cui tutte le nostre difese e precauzioni mancano della prova fondamentale: la sicurezza che funzionino! Ed allora sorgono come funghi idee e proposte miranti ad essere la chiave di volta di tutto l’impianto architetturale ma ahimè si sono presto rivelate non del tutte soddisfacenti perché manca una conoscenza della vera origine del male essendo ancora incerti se il virus in questione sia “selvatico” o da laboratorio di sintesi e pertanto se passibile o meno di una naturale risposta del nostro sistema immunitario. Ed esiste un proverbio antico che affonda le sue radici nella psicologia profonda dell’essere umano e che afferma che la condivisione del dolore lenisce le ferite e dà vita alla speranza “mal comune mezzo gaudio”. Certo che mi sarei aspettato in questa poco prevedibile tremenda occasione che i miei concittadini oltre che i governanti avessero trovato questo mal comune che li affratellasse come non mai, vista la continua rivalità che ci contraddistingue dai tempi Romolo e Remo a seguire con guelfi e ghibellini, positivisti e spiritualisti, fascisti e comunisti, fascisti ed antifascisti, o nei derby Lazio-Roma o Milan-Inter, maggioranza-opposizione. Nulla da fare! Tutt’altro: in una cupa atmosfera che riduce ai minimi termini ogni possibilità di spostamento, anche per una boccata d’aria, o di pur minima socializzazione come fra nonni e nipoti o per dare l’ultima carezza al congiunto spazzato via dal morbo, causa il “lockdown” per evitar il contagio del virus, ecco che è stata permessa la “piazza” (zona Pigneto a Roma) con i relativi assembramenti, assolutamente noncuranti, come da loro costume, della sicurezza degli altri, per la manifestazione indetta dall’ANPI in ricordo della ricorrenza della “liberazione” come se ne sentissimo l’estremo bisogno nella sincera convinzione di un atto eroico dei partigiani che ha inciso profondamente nella storia della cacciata del giogo nazi-fascista. Basta menzionare gli ottomila soldati anglo-americani periti in terra italica per aiutarci a combattere i tedeschi e guardare le numerose croci bianche che spiccano nel prato verde del cimitero di Nettuno ove sono sepolti quegli americani che hanno perso la vita dopo essere sbarcati a Anzio nell’intento di liberare Roma con atti veramente eroici come quello del sergente Sylvester Antolak un contadino americano di origine polacca che sbaragliò la prima linea di mitraglieria nazista in quel di Cisterna dopo essere stato colpito ben tre volte ma sempre rialzatosi fino alla conquista finale, che non lo vide sopravvissuto ma insignito, a memoria postuma, dal Presidente Bush della medaglia d’oro al valor militare. Fra gli atti “eroici”, poco messi in luce e molto oscurati, da una storia riscritta ad “usum delphini” basterebbe ricordare l’episodio fra il 7 ed il 14 febbraio del 1945, in quello che oggi è il Comune di Faedis, ove 17 partigiani della brigata Osoppo-Friuli (di orientamento cattolico e liberale) furono uccisi (fra gli altri Guido Pasolini il fratello del regista-scrittore Pierpaolo), in quanto si opponevano oltre che ai fascisti anche ai disegni jugoslavi, da un gruppo di partigiani delle “Brigate Garibaldi” vicini al PCI, guidati da Mario Toffanin. O la storia di Giuseppina Ghersi una bambina di 13 anni che il 30 Aprile 1945 fu assassinata dai partigiani con un colpo di pistola dopo essere stata stuprata e picchiata insieme a sua madre e col papà costretto a suon di botte ad assistere a quell’atrocità con quella violenza che non può confarsi a chi fa dell’antifascismo e dell’antirazzismo la sua base motivazionale. Tuttavia la pretesa manifestazione non mi stupisce più di tanto, a maggior prova, qualora ce ne fosse ancora bisogno, della “partigianeria” che si autoalimenta, anche con sussidi dello Stato, nel perpetuare la più grande menzogna storica della vittoria sull’impero germanico da parte di forze raccogliticce ed improvvisate fortemente ideologizzate dall’impeto del totalitarismo comunista. Per fortuna non vittorioso successivamente fermato dal provvido De Gasperi con la sua Democrazia Cristiana. Vorrei ricordare perché Palmiro Togliatti era chiamato il “Migliore”. A Mosca nel 1927, al 16° Congresso del Partito comunista sovietico, per i servizi resi a quell’infame dittatura, Stalin concesse a Togliatti la cittadinanza sovietica. E nel discorso di ringraziamento Togliatti disse: “E’ motivo di particolare orgoglio per me aver lasciato la cittadinanza italiana per quella sovietica. Non mi sento unito all’Italia come ad una Patria, ma mi considero cittadino del mondo; quel mondo che vogliamo vedere attorno a Mosca e agli ordini di Stalin. E’ per me motivo di particolare orgoglio l’aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e niente altro. Come cittadino sovietico sento che valgo diecimila volte di più del migliore degli italiani.” E da quel momento lo chiamarono il “Migliore”. Non so quante vie e piazze nel nostro paese sono state titolate al personaggio che si vergognava di essere un nostro concittadino ma va bene così per l’ANPI che si oppone ad intestazione urbana di una Fallaci o di un Almirante che non mi risultano si siano mai vergognati di essere italiani e che hanno pagato sulla loro pelle l’isolamento dei detentori della verità assoluta. Gli stessi “compagni” che urlano in coro il ritornello “Ma che belle son le foibe da Trieste in giù” o scrivere striscioni “Maresciallo siamo con te, meno male che Tito c’è” o inneggiare alla strage di Nassiriya dove sono morti i nostri soldati “una, dieci, cento mille Nassiriye”? Come si possono organizzare cortei nel giorno del ricordo del massacro delle foibe ove si ingloria il maresciallo che ha massacrato 10.000 italiani rei solo di vivere in una terra come Istria, Zara o Fiume cadute dopo la guerra in mano del dittatore jugoslavo e costretti ad abbandonare, i più fortunati le loro case e tutto ciò che possedevano? Fino a quando si continuerà a tollerare l’ignoranza di tantissimi antifascisti di professione che non sanno nulla del fascismo e dell’ipocrisia degli antifascisti che hanno scalato le vette del potere politico e sociale tacendo sul loro trascorso fascista, quali Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari e Dario Fo? Ma la nemesi storica non ha alcun importanza perché tutti gli eventi specie quelli “raccontati” a volte possono essere ascritti anche a “vangeli apocrifi”, e andrebbero comunque contestualizzati anche se ciò è impossibile in fase postuma non esistendo più prove viventi: verità sempre “di parte”! E comunque, come il divenire eracliteo insegna, non ci si bagna due volte nello stesso fiume perché le acque sono sempre nuove. Ed allora perché non facciamo del 25 Aprile la “Festa della Riconciliazione”? Perché dobbiamo sempre marciare divisi se l’interesse comune è il benessere e la salvaguardia del nostro Paese? E poi perché non rivisitiamo il “mito della “Resistenza”, storicamente dubbio, dandole connotati diversi e più attuali? Non potremo mai diventare un Paese ed una Nazione degli di questo nome se continuiamo a suonare con un’orchestra, non polistrumentale, ma di soli pifferai magici (gli antifascisti) senza accorgerci che il Titanic sta affondando. E questi suonatori plasmano una cappa intollerante, illibertaria che incombe in tutti gli ambiti, sulla cultura, Istituzioni, cinema, musica, arte, editoria, giornalismo fino alla gastronomia, e poggia su un muro divisorio che non fu tale un decennio dopo la caduta del regime ma che si fa più pesante oggi quando sono tutti morti sia i fascisti che gli antifascisti. Ma sono rimasti gli “ANTI” e sono tanti che hanno costruito il muro divisorio sociale fra i ”giusti” e gli “infami” e sono quelli, come elenca Veneziani, che si sentono ancora in guerra, l’ANPI, come nel “Deserto dei tartari” ove lo scrittore Dino Buzzati descrive molto bene la “fuga del tempo”; poi ci sono gli “aderenti” che non si tirano mai indietro nel firmare manifesti e che aderiscono all’antifascismo come establishment, inclusi i cattolici di potere delle “Brigate Bergoglio” che vogliono liberare il mondo non dal diavolo ma dai sovranisti; ed infine gli “antifascisti per campare” cioè firmano per il terrore di finire nel Libro Nero dei camerati ed essere etichettati come parafascisti o criptofascisti. Dove andremo con questa armata Brancaleone? Difficile costruire un futuro al nostro Paese con queste premesse e simili “personaggi in cerca d’autore”. Pur non essendo un cultore dei prodigi mattarelliani nell’inventarsi compagini governative storicamente “indecenti”, ma costituzionalmente permesse, questa volta il suo appello per questa giornata del ricordo merita più di un plauso, ovviamente del tutto inascoltato! Ed il nostro Presidente battezza una “Nuova Resistenza” che stanno combattendo in trincea medici ed infermieri, volontari e forze dell’ordine, tutti coloro che sono in prima linea contro il virus e tutti quelli che fanno funzionare le filiere produttive e i servizi essenziali. La dialettica e il contrasto delle opinioni su ricette economiche e gestione della “Fase 2” non devono incrinare le esigenze dell’unità, perché siamo accomunati dallo stesso destino. Non sono forse i soccorritori, i driver che portano aiuti e cibo a domicilio non sono forse i nuovi partigiani? Nel 1945 nasceva una “Nuova Italia” ed il nostro popolo a partire da una condizione di estrema sofferenza ha saputo costruire il proprio futuro con tenacia e determinazione generando un Paese moderno più giusto e democratico. Ora però quella che si affaccia alla Fase 2 è un’Italia impaurita e confusa. Risse politiche, divergenze fra esperti, contrasti nella maggioranza, guerra aperta fra Palazzo Chigi e Regioni, disposizioni contrastanti, incertezza sul sostegno economico europeo, tensioni sui mercati, conti pubblici al collasso. La prospettiva è fosca e per questo che Mattarella spinge all’unità: c’è bisogno di tutti, Istituzioni e cittadini, forze politiche e sociali, professionisti ed intellettuali, ma tutti dalla stessa parte se vogliamo vincere! Meritati applausi! Ma Bob Dylan qualche decennio fa nella sua canzone famosa diceva “quante strade si devono percorre perché si possa essere uomo…the answer is blowing in the wind”
Pescara li 25-4-2020 F.to Arcadio Damiani