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Ultrasuoni contro i tumori

In campo medico, ha destato grande interesse a livello mondiale la notizia del trattamento di tumori con la tecnica non invasiva degli ultrasuoni, che  consiste nel “pilotare”, attraverso la risonanza magnetica, un raggio ad ultrasuoni di alta intensità focalizzandolo sulla massa tumorale, che non verrà staccata né verrà rimossa ma cambiata nella sua consistenza: da nodulo solido si trasforma in area necrotica e l’organismo, nell’arco di alcuni mesi, ne assorbirà il materiale morto. Una delle prime applicazioni si è avuta nel trattamento di fibromi uterini, una patologia  che interessa il 25 – 30 % della popolazione femminile in età fertile con una percentuale di successo che sfiora il 100 %. Tutto questo è possibile grazie ad un nuovo dispositivo medico, l’ExAblate, attualmente utilizzato in tre strutture sanitarie italiane in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale: Niguarda di Milano, Policlinico Umberto I° di Roma, ospedale “ San Salvatore “ dell’Aquila. Nell’ospedale aquilano questa procedura, chiamata tecnicamente MrgFUS (anche detta Hifu), è applicata presso l‘unità  operativa di Radiologia ( diretta dal prof. Carlo Masciocchi) dal prof. Giulio Mascaretti che è responsabile della Fivet dell’ospedale ed è docente presso l’Università del capoluogo. Questa realtà è resa possibile da un lavoro di squadra, che vede impegnati, oltre al prof. Masciocchi, anche il prof. Stefano Flamini, responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia, e il prof. Corrado Ficorella, responsabile dell’Unità Operativa di Oncologia.

L’attenzione mondiale a questa metodologia è dovuta al fatto che la sua applicazione al fibroma uterino è solo l’inizio di un percorso che porterà nel giro di pochi anni ( si spera di pochi mesi) al suo utilizzo per sconfiggere tutte le neoplasie, da quelle della prostata e della mammella, già in fase avanzata, a quelle dell’encefalo e del fegato, in studio presso il centro aquilano. Questo primo ottimo risultato porterà un notevole beneficio a milioni di donne che fino ad oggi dovevano sottoporsi all’intervento chirurgico di miomectomia (asportazione chirurgica dei fibromi); questo tumore anche se benigno (i fibromi sono tumori non cancerosi) può presentarsi sia come nodulo piccolo, asintomatico, invisibile ad occhio nudo, sia come una massa ingombrante (fino a 20 cm.) che può deformare e dilatare l’utero e in casi estremamente gravi  espandersi fino alla gabbia toracica . Il fibroma uterino in percentuale maggiore  si sviluppa all’interno delle pareti uterine e viene classificato  in tre gruppi a seconda della zona interessata: fibromi sub mucosi se si sviluppano all’interno dell’utero  (a contatto con le pareti), fibromi intramurali  all’interno delle pareti muscolari dell’utero e sub sierosi all’esterno dell’utero. La causa dei fibromi uterini è da imputare a mutazioni genetiche (in molti fibromi i geni che codificano le cellule muscolari uterine risultano alterati) e  cause ormonali: l’estrogeno e il progesterone, i due ormoni che stimolano lo sviluppo delle mucose uterine in preparazione alla gravidanza, sembrano favorire la crescita dei fibromi e contengono più recettori dell’estrogeno e del progesterone rispetto alle normali cellule muscolari delle pareti uterine. Tra i fattori di rischio abbiamo la familiarità (se madre o sorella hanno avuto un fibroma ci sono maggiori probabilità di ammalarsi),  la razza (le donne di colore hanno maggiori probabilità di soffrire di fibromi rispetto alle donne di altri gruppi razziali; inoltre le donne nere si ammalano ad un età inferiore e hanno maggiori probabilità di sviluppare fibromi più grandi oppure più di uno), l’obesità (ricerche hanno dimostrato che le donne obese presentano maggiori rischi di sviluppare fibromi). Per contro le donne che assumono contraccettivi orali hanno minori probabilità di soffrire di fibromi (questo vale per le donne in generale, tranne per quelle che hanno iniziato la terapia contraccettiva orale tra i 13 e i 16 anni)  e la gravidanza ed il parto possano avere un effetto protettivo.

Dopo i 50 anni, età che coincide per molte donne con la  menopausa, i fibromi all’utero tendono a regredire o addirittura a scomparire. Ritornando alla nuova tecnica utilizzata presso il nosocomio aquilano bisogna rimarcare l’assoluta non invasività dell’intervento: la paziente è distesa sul lettino a pancia in giù, poggiando l’addome sulla sorgente di ultrasuoni, come se stesse eseguendo una normale ecografia, ma in posizione rovesciata;  il trattamento in day hospital  abbatte notevolmente i tempi  di degenza che bisognava  “sopportare”  con la terapia chirurgica tradizionale (5- 6 giorni) e perché no anche in termini economici si ha un notevole risparmio che….in questi tempi non è un capitolo da trascurare.