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Apprendimento e … dislessia

L’apprendimento consiste nell’acquisizione o nella modifica di conoscenze e comportamenti di fronte all’acquisizione di informazioni di diverso tipo. Questa abilità ad immagazzinare nozioni segue un evoluzione nel tempo: curva di apprendimento ( rapporto tra tempo necessario per apprendere e quantità di informazioni correttamente apprese). Nella maggioranza delle persone l’area deputata all’apprendimento è collocata nel lobo parietale sinistro (in altro sopra l’orecchio sinistro), più precisamente in questa area si sviluppa la comprensione del linguaggio parlato e scritto, la memoria delle parole e le capacità matematiche. Le aree dell’apprendimento sono contigue tra di loro ma separate e per questo, in base al loro sviluppo, permettono ad esempio ad un soggetto di apprendere facilmente una lingua straniera e non la matematica.

Tutte queste informazioni vengono (semplicisticamente) convogliate, attraverso un percorso, all’interno dell’encefalo, che prende il nome dall’anatomista statunitense che per primo studio questa area del cervello: James Papez. Questo circuito della memoria, convogliando le informazioni ricevute, le immagazzina e permette l’assimilazione, la ritenzione e il richiamo delle nozioni apprese durante l’esperienza o per via sensoriale. Negli ultimi anni si è registrato un aumento dei disturbi di apprendimento e di attenzione nei bambini in età scolare che vengono oggi indicati con due acronimi: DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento ) e ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder o in italiano Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività). E’ importante specificare che queste due condizioni non sono malattie. I disturbi di apprendimento riguardano una specifica abilità e non intaccano il funzionamento intellettivo generale, per cui si possono distinguere quattro tipologie di tali disturbi:
– dislessia, disturbi della lettura,
– disortografia, disturbo della scrittura,
– disgrafia, disturbo della grafia,
-discalculia, disturbo nelle abilità con i numeri e i calcoli.

Una diagnosi di DSA può essere fatta solo al termine della terza elementare, in quanto è necessario che il processo di insegnamento di lettura, calcolo e scrittura sia stato portato a termine e non prima. In presenza di uno o più quadri clinici s’interviene stilando un Piano Didattico Personalizzato, atto a facilitare le varie fasi di apprendimento: si tratta di un percorso appositamente creato con esercizi di potenziamento mirati a far sviluppare le abilità deficitarie. Spesso nei DSA c’è la compresenza del disturbo di attenzione ed iperattività caratterizzato da marcati livelli di impulsività “inadeguati” per l’età del bambino. Anche qui prima di diagnosticare un ADHD si deve (come per i DSA) aspettare il termine stabilito di età scolare, in caso d’ irrequietezza, impulsività, distrazione costante bisogna assolutamente evitare compiti cognitivi come letture lunghe o dettati o compiti di ricopiatura che abbassano l’autostima del bambino e ne accentua la sensazione “di non essere capaci”. Uno dei segni prodromici del DSA è che il bambino ha problemi di concentrazione, passerà da un gioco all’altro senza rispettare le regole o rispettare i turni con i compagni e farà fatica a restare seduto.

Sia i DSA che l’ADHD hanno ripercussioni nella vita sociale dei bambini, che spesso rimangono isolati, sono messi in disparte dai compagni e si ritrovano a dover affrontare una situazione in cui persiste una bassa autostima ed un senso di inadeguatezza. I bambini aventi questi disturbi risultano anche più sensibili, sia per quanto riguarda emozioni positive che emozioni negative: in entrambi i casi risulta di fondamentale importanza il coinvolgimento dei genitori per favorire la comparsa di “comportamenti positivi”. Non bisogna disconoscere questa problematica ma intervenire preventivamente sia nei casi di DSA che di ADHD perché i trattamenti con bambini e adolescenti risultano certamente molto più produttivi rispetto a quelli fatti in età adulte, si avranno così notevoli miglioramenti sia nelle abilità scolastiche che nelle condotte o i comportamenti con i coetanei, fino alla completa riabilitazione.