
In assoluto la nazione più popolosa al mondo con quasi 1,5 miliardi di abitanti a costituire una grande potenza economica data l’organizzazione socio-lavorativa molto ordinata secondo regole da regime imperiale all’ombra del confucianesimo, ma solo ideale, e che ovviamente non tollera alcuna deviazione dal protocollo stabilito a meno di rischiare la vita. A ben vedere è sotto gli occhi del mondo intero quanto la ricchezza di questa nazione derivi dall’assoluta povertà dei diritti e della libertà di cui godono gli occidentali, basti pensare alla politica del “figlio unico” imposta dallo Stato per limitare la crescita della popolazione che ha prodotto in poco più di un decennio 450 milioni di aborti, e ne stanno già pagando le conseguenze per lo scarso ricambio generazionale in una popolazione che invecchia a tempi di record, alla retribuzione lavorativa del mondo operaio di gran lunga inferiore a quella dalle nostre parti e che ha permesso un export talmente aggressivo con prezzi talmente bassi e con la conseguente messa in ginocchio di gran parte delle nostre produzioni. Anche se un prodotto cinese costasse la metà rispetto ad uno nostrano di sicuro il margine di guadagno sarebbe enorme visto il basso costo di produzione sia per le materie prime data l’acquisizione ovunque, specie nel continente africano, di importanti settori estrattiferi oltre che di infrastrutture anche di Paesi meno poveri come le nazioni europee, sia per il basso costo della manodopera. E nel tempo la continua invasione dei mercati e la mira espansionistica dell’impero del Dragone, con un presidente Xi Jimping che non ha alcuna intenzione di proporre successori, ha prodotto una tale liquidità monetaria che lo yuan potrebbe ricomprarsi il debito pubblico di qualsiasi nazione al mondo, USA compresi. Ora ci sarebbe da chiedersi se qualsiasi altro regime più democratico e meno vessatorio avesse prodotto una ricchezza analoga e soprattutto così solida. Ma vi immaginate se un miliardo e mezzo di cittadini seguissero diversi partiti con all’interno di essi addirittura correnti? Se il potere dovesse essere diviso fra rappresentanti sindacali, associazioni di categoria, amministratori pubblici, con una magistratura basata su una Costituzione che all’interno custodisce tutto ed il suo contrario? Vi immaginate un cinese “assenteista” o uno che ruba dai bagagli dei viaggiatori negli aeroporti, ripreso dalle telecamere, reintegrato nel posto di lavoro o uno che timbra l’entrata al lavoro con badge di amici assenti o in giro per affari personali? O ancora cortei di cinesi “scioperanti”? Vi immaginate la libertà che godrebbero in Cina gli immigrati che scorrazzano per le strade insieme alla delinquenza nostrana e che si rendo artefici di reati che vanno dallo spaccio di droga, allo stupro, all’occupazione illegale di abitazioni, ai furti e gli scippi? Basta pensare alle persecuzioni subite solo da chi si professa cristiano, come denunciato dal Cardinale Zen e dalla sottomissione della Chiesa bergogliana al regime di Pechino avendo permesso la nomina di vescovi locali molto vicini al regime per comprendere le “maglie fitte”. A questo proposito trovo inspiegabile l’atteggiamento dei vescovi che criticano il governo per il no alle messe perché mentre la Chiesa ha permesso in Cina la “cesarizzazione” di Dio accettando il controllo serrato e liberticida su ogni aspetto della religione nel Paese asiatico e nel contempo pretende in Occidente una “libertà di culto” assoluta. In altre parole è l’autoritarismo statale a controllare la religione in Cina ed allora per quale motivo la Chiesa si indigna se lo Stato anche in Italia segue gli stessi insegnamenti del Partito comunista cinese? Cari vescovi ma non vi basta che il governo abbia accolto le istanze dei gay con la specifica nei “congiunti” anche gli “affetti stabili” e dell’ANPI con libertà di assembramento in cortei pseudo-commemorativi ma non quelle della CEI? Può essere questa considerata una forma di evangelico martirio o di franco ed inopportuno masochismo dopo aver allegramente appoggiato elettoralmente la nascita di questo governo giallo-rosso il cui presidente a forza di frequentare i cinesi si deve essere convinto di avere gli stessi poteri di Xi Jimping dimenticando di essere in una repubblica parlamentare, come ampiamente dimostrato silenziando le camere nel suo excursus emergenziale? Perché non ricordare la strage di Tiananmen (1989) che nel 30º anniversario del massacro sentiamo dire dal ministro della difesa: “Il governo e l’esercito presero le decisioni giuste” quando fu ordinato di sparare sulla folla di manifestanti facendo centinaia di morti? Si è trattato infatti di una scelta politica corretta perché le ribellioni politiche vanno “fermate”. E ha aggiunto che i trent’anni appena trascorsi hanno dimostrato che la Cina ha subito importanti cambiamenti e grazie all’azione del governo in quel momento il paese goduto di stabilità e sviluppo. Decisione autoritaria che ha già spazzato la strage dalla visione politica che non fa sconti a nessuno isola di Taiwan compresa. Negli ultimi mesi la Cina ha minacciato militarmente più del solito Taiwan che considera parte del suo territorio e con il contagio virale che si abbassa in Cina ma sta consumando l’America alcuni a Taiwan si sentono più vulnerabili. La Cina invia 2000 pattuglie di bombardieri all’anno nello stretto di Taiwan che separa i due paesi secondo il suo ministro della difesa. Quando Tsai-Ing-Wen oppositore della riunificazione con la Cina fu eletto per la prima volta presidente di Taiwan, la Cina iniziò ad inviare bombardieri per circumnavigare l’isola come uno spettacolo di forza ma nonostante le minacce cinesi Tsai fu rieletto nel dicembre scorso come presidente. Tornando al problema, anche in Cina esiste una “Mafia” certo ma come nel nostro Paese ed in altri è un’azienda “partecipata” dallo Stato. Uno Stato che partecipa in ogni luogo e tempo e fa notare la sua presenza in ogni azione o progetto che si svolge sotto il suo sole. Ma di questa organizzazione assai poco libertaria ne soffrono i cinesi o ne godono anche altri? Il popolo cinese è mentalmente abituato a dettami comportamentali e spirituali che provengono dall’ottemperanza del rispetto del “Capo” e nessun cinese agisce in maniera da dispiacere ad esso, magari anche pagando con la vita. E gli altri? Semplice, fanno affari! Andiamo a vedere quante nazioni hanno delocalizzato le loro aziende in Cina per il regime fiscale ed il costo della manodopera molto più vantaggiosi! Quante volte abbiamo visto brand blasonati e costosi che in un recondito angolo del manufatto porta il target “made in China”? Abbiamo mai visto un’azienda occidentale con i suoi quadri dirigenziali che si faceva specie nello spostare le sue fabbriche in quei territori data l’estrema precarietà dei diritti umani di quei lavoratori? Manco a dirlo, ma il tutto non è proprio a costo zero. Perché gli stranieri che imprendono in Cina devono sottostare ai dettami del regime che impone due regole fondamentali: la presenza nell’azionariato di esponenti del partito di governo e il non occultamento del “Know-how” del prodotto di fabbrica. In tal modo dopo qualche anno di baldanzosi affari la ditta estera se ne trova una di zecca, vicina, con imprenditoria tutta cinese che venderà lo stesso prodotto ad un terzo o la metà del suo valore “occidentale”. Solo ultimamente i nuovi accordi cinoamericani hanno regolato tali patti con la “non rivelazione” di tutti i dettami del ciclo produttivo. Certo le imitazioni continueranno ma avranno forse una maggiore difficoltà di piazzamento nei nostri mercati, molto selettivi, a meno che la povertà ingravescente delle nostre latitudini non ci costringa a rifornirci di “simil-products”. Ora con questi presupposti che testimoniano alla luce del sole quanto le economie mondiali dipendano da questo moloch imperiale perché critichiamo i suoi asset decisionali che altro non sono che i mezzi usati da sempre? Tutti i regimi da quello fascista, a quello comunista o teocratico si avvalgono della facoltà di “controllare vigilando” la comunicazione mediatica e di occupare quelle postazioni di organizzazioni internazionali, come l’OMS, finanziato più da interessi privati che pubblici (V. Bill Gates), che permettono, come affermato da un esponente governativo cinese, in un futuro alla Cina di essere l’ ”unico guardiano del mondo”. E non dimentichiamo che la disputa sull’utilizzo della fibra superveloce 5G ossia su chi deve fornire questa implementazione che spaventa se in mano cinese è una “boutade” perché come riportato da Milena Gabanelli in Italia la rete strategica è già in mano alla Cina, mentre l’Europa si defila e Cagliari diventerà la prima “smart city” italiana grazie alla tecnologia Huawei diventata leader mondiale nell’infrastruttura 5G che sta costruendo in tutti i Paesi. Vuol dire reti ad altissima velocità per la comunicazione mobile, per la connessione a droni, sensori, auto a guida autonoma, oltre che per la digitalizzazione di tutte le infrastrutture pubbliche: monitoraggio degli ospedali, controllo del traffico, gestione dei rifiuti, riscaldamento e sicurezza. Ma secondo gli americani però l’hardware prodotto dai colossi cinesi delle comunicazioni Huawei e Zte potrebbe essere soggetto a manipolazioni del governo: in pratica “spionaggio” continuo! Certo è che le aziende cinesi, anche quelle private, devono avere un rappresentante del partito comunista al proprio interno e sono obbligate a rispondere al governo di Pechino. Ma le doverose illazioni critiche al governo cinese provengono da ogni parte del mondo specie da quelle con cui fanno i migliori affari (Germania, Francia, Regno Unito, Australia, USA col governatore del Missouri che vuole fare causa alla Cina in quanto responsabile dell’origine della pandemia). E per la Cina agognano un’altra “Norimberga”. Si dice che oggi il clima è quello della guerra, ma dopo la guerra i boia tedeschi andarono alla sbarra. A Norimberga toccò agli Stati Uniti giudicare gli scienziati autori di esperimenti con i virus del programma T-4 e saranno ancora solo gli USA a cercare i colpevoli del programma “P-4” come si denominano i laboratori nel mondo preposti allo studio delle molecole virali? Perché hanno ritardato di circa un mese la comunicazione dell’esordio della malattia? Il virus è sfuggito distrattamente o artatamente dal laboratorio di Wuhan? Virus “ambientale” dal vicino mercato dell’ ”Umido di animali selvatici” o manipolato? E giustamente il governo di Pechino è intervenuto in maniera elegante ma perentoria nel pretendere una comunicazione meno accusatoria da parte dei media occidentali le cui madrasse si nutrono se non di pipistrelli almeno di “involtini primavera”. Oramai il recinto si è aperto, i buoi sono scappati ed il “CEO capitalism” globalizzato ha vinto come recita Riccardo Ruggeri. Ad esprimere bene il concetto è il pur criticabile esponente pentastellato Alessandro Di Battista che in un’intervista ha detto: “una rapporto privilegiato con Pechino che piaccia o non piaccia è anche merito del lavoro di Luigi Di Maio…La Cina uscirà meglio di chiunque altro da questa crisi…La Cina vincerà la terza Guerra mondiale senza sparare un colpo e l’Italia può mettere sul piatto delle contrattazioni europee tale relazione privilegiata”. Certo la nostra storia “ecumenica” pullula di “tradimenti” compreso l’attuale verso l’Alleanza Atlantica” e con le democrazie occidentali per consegnarsi mani e piedi al governo di Pechino. Ma chi è Di Battista? Un autentico “empty brain” tipico esponente fra i numerosi pari pentastellati ad iniziare dal capocomico e dal suo mentore digitale. Alcune sue affermazioni “dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione… L’attentato alle “Twin Towers” è stato una panacea per il capitale nordamericano… Se domani si inventasse una medicina miracolosa per sconfiggere il cancro il Pil diminuirebbe.” Ma in realtà chi vede nella deriva autoritaria “Made in China” un concreto pericolo per il nostro futuro dovrebbe puntare gli occhi su altri personaggi, i reali svenditori della democrazia, delle nostre imprese, della nostra cultura. Ad iniziare proprio da Di Maio, con la sua “Via della seta” meglio della “fune”, che non cessa di incensare la Repubblica popolare cinese per la sua “generosità” (la nostra in andata, Bari-Pechino, “pagata” quella di ritorno Pechino-Roma con qualità prettamente cinese). Nel marzo del 2019 il presidente del Consiglio Conte aveva deciso lo strappo con l’Europa e gli Stati Uniti ed aveva accolto Xi a Roma per firmare protocolli introduttivi al progetto cinese della “Belt Road Initiative” ben appagato della nuova alleanza con Pechino tesa a connettere Asia, Europa e Africa con reti infrastrutturali per 1000 miliardi di dollari. Ed è chiaro che i più svegli temono che la “Bri” sia un cavallo di Troia che permetterà a Pechino di attrarre le democrazie nella sua sfera d’influenza. Il padre putativo e grande timoniere della svolta filocinese non poteva che essere Romano Prodi, che da anni insegna nelle università cinesi, ed è il solo italiano nell’ “Advisory Board” della Bri e che ha fatto campagna a favore degli investimenti di Pechino nei porti italiani. E come dimenticare Sergio Mattarella che lo scorso 13 febbraio è stato l’alfiere della ricucitura con l’ambasciatore cinese dopo le durissime proteste di Pechino per il blocco dei voli. Alla lista degli amici imperituri della Cina va aggiunto anche il Papa che il 9 aprile scorso ha ringraziato Xi Jimping per gli aiuti spediti alla farmacia vaticana, con il cardinale Pietro Parolin artefice della svolta vaticana e che i suoi critici di oltre Tevere hanno ribattezzato “VatiCina”. Nonostante siamo ricchi di “Asset” che potremmo sfruttare per un nuovo modello economico e sociale, come afferma il politologo indio-americano Parag Khanna, esistono altre vie “più appetibili”: stare sotto il governo e sudditi della dittatura nord-europea o stare sotto il governo-dittatura della repubblica popolare cinese. “Tertium non datur” visto come vanno le cose. Forse la seconda possibilità è preferibile alla prima per iniziare la nemesi storica di tutti quei protagonisti che hanno distrutto dopo il ’68 tutti i nostri valori col “dirittismo assoluto” riprovando il tocco magico sulla pelle della “tortura di regime” e per il fatto che questo neo imperialismo non ha più basi ideologiche se non quello del “divino pecunio” nel mondo oramai “free trade”, senza alcuna ripicca storica tanto cara ai governi d’oltralpe.
Arcadio Damiani