A San Vito Chietino, nella contrada delle Portelle, si erge l’Eremo abitato da d’Annunzio nell’estate del 1889.
Siamo a San Vito Chietino, nell’estate del 1889, in una casa per forestieri a picco sul mare che fu teatro dal 23 luglio al 22 settembre, dello stesso anno, dell’amore tra Gabriele d’Annunzio e Barbara Leoni.
La “bella romana”, che fu sua musa e compagna per cinque anni, ispirò la prima produzione letteraria dannunziana nella finzione letteraria del Trionfo delle Morte: il romanzo che proprio qui fu coniato e crebbe in sintassi e forma.
Elvira Natalia Fraternali, incrociò per la prima volta lo sguardo del suo uomo, al Circolo Artistico di via Margutta a Roma, dove entrambi si erano trovati per assistere ad un concerto. Da quel momento prese vita un’ intensa passione che naufragò in un rumoroso tradimento.
L’eremo ideale, rifugio d’amore e di creatività letteraria, fu scelto dunque proprio a San Vito, dove la realtà prese vita in uno dei più bei romanzi di D’Annunzio “animandosi” nei personaggi di Giorgio Aurispa ed Ippolita Sanzio, una figura quest’ultima reale e non immaginaria, quella di Barbara.
All’epoca non esisteva la strada statale, ma vi era solamente un pianoro che terminava quasi a strapiombo sul mare, e si poteva giungere alla casa dalla vicina stazione di San Vito solo attraverso una mulattiera.
La mulattiera, si narra, fu ricoperta da D’Annunzio di ginestre, prima dell’arrivo della sua Barbara, affinché ella potesse giungere all’Eremo inebriata dal profumo dei fiori.
Oggi l’eremo è sempre lì, alla fine della contrada detta delle Portelle, e del soggiorno del poeta molto rimane: ne resta un ricordo impresso sulle pagine immutabili della grande letteratura, ne rimane la sensazione di trovarsi ancora in un luogo fuori dal tempo che porta con sé i ricordi di giorni lontani.
Oggi l’Eremo apre specialmente in estate, quando è possibile visitarlo su richiesta, e in occasione della scorsa edizione delle Giornate Fai di Primavera è risultato essere tra siti più visitati d’Italia.

Dal 2009, infatti, chi si reca in questo luogo può lasciare un fiore, magari proprio una di quelle ginestre di San Vito, accanto all’ipogeo che raccoglie le spoglie della Leoni.
La proprietà dell’eremo è oggi di Fernando De Rosa.
Oggi i due amanti sono sepolti in zone opposte e distinte d’Italia: Gardone Riviera lui e, proprio nell’eremo dannunziano lei, grazie soprattutto alla tenacia della famiglia De Rosa. La famiglia De Rosa ha deputato quel luogo alla cultura e ai culti dannunziani, non è difficile immaginare come, durante le sere estive ci sia nel pittoresco giardino una fruizione di letture delle poesie dannunziane, dalle più conosciute alle meno popolari.
Da un lato la vista mostra scorci del promontorio sulla destra, dall’altro si può scorgere il trabocco “Punta turchino”, classiche e pittoresche palafitte si dislocano in tutta la zona e si può pranzare o cenare con delle vedute mozzafiato.
L’eremo vero e proprio è preceduto da una muraglia in mattoni per impedire frane, con affissa una grande targa commemorativa che rievoca la presenza del poeta. Tutto il fronte è rivestito di blocchi squadrati di pietra arenaria, e ricorsi regolari geometrici.
Il romanzo che lì venne pubblicato è l’ultimo romanzo di una delle più importanti trilogie dei “Romanzi della Rosa”, di cui fanno parte anche “Il Piacere” e “L’innocente”.
L’opera fu dedicata da D’Annunzio all’amico pittore Francesco Paolo Michetti, in quanto nello stesso convento Michetti, D’Annunzio riuscì a terminare la stesura dell’opera.
Il Trionfo della morte è un chiaro esempio di romanzo psicologico, nel quale l’alternarsi delle vicende cede il posto a una perpetua analisi introspettiva della coscienza del protagonista, Giorgio Aurispa. Il romanzo, che si apre con un passo dell’Al di là del bene e del male di Friedrich Nietzsche nell’esergo, sviluppa il tema del superomismo, così come interpretato dall’allora trentunenne D’Annunzio.
Anna Chiara De Nardis