
Allarme! Stiamo diventando un paese di “vecchi” in quanto da qualche tempo i decessi superano le nascite. Quand’ero bambino ricordo le famiglie numerose, la forza lavoro specie nelle campagne con i coloni più ricchi che vantavano una prole cospicua cui fare affidamento per il prosieguo della propria attività con le coppie sterili che addirittura venivano guardate con sospetto in quanto malate ed incapaci di procreare. Ed oggi per fortuna questa discriminazione è scomparsa sia per il fatto che la sterilità di coppia non è poi un fenomeno così raro dato che la causa una volta solo femminile col suo utero definito “infantile” dalla scienza oggi anche maschile con la sua oligo-astenospermia (impotentia generandi) da interferenti ormonali, sia per il fatto che il non avere figli rappresenta una scelta consapevole e non una semplice condanna della natura. Ed i motivi di questa scelta non attengono solo alle precarietà economiche di una coppia bensì ad una moltitudine di altri fattori nell’ambito di nuovi assetti sociologici che si vanno costituendo. Dati Istat rivelano che nel 2019 ci sono state 435.000 nascite in Italia e 647.000 decessi con un saldo tristemente negativo; le donne italiane in età feconda (15-49anni) negli ultimi due anni sono calate di circa 185.000 unità mentre si è alzata l’età media del parto (32anni) con le donne più vecchie che fanno figli più delle giovani. Sottinteso che le “immigrate” hanno statistiche tutte loro, perché riflettono altre epoche e culture, artefici di un quinto di tutte e nascite e se pensiamo che gli emigrati italiani sono in minoranza rispetto agli stranieri immigrati si capisce bene che la “sostituzione etnica” della nostra civiltà abbia oramai la strada spianata. C’è da dire che la scienza oggi ha dichiarato guerra alla vecchiaia ed è già arrivata alla fase di sperimentazione sia sull’animale che sull’uomo con un obiettivo ben chiaro: comprendere i meccanismi molecolari e cellulari che stanno alla base della decadenza del corpo per manipolarli, rallentarli se non invertirli nell’idea che l’invecchiamento non è un processo inevitabile da accettare passivamente ma che può essere controllato con la parola d’ordine che si chiama “Riprogrammazione cellulare”. Già oggi una persona su 11 ha superato i 65anni, nel 2050 si prevede una su 6 con implicazioni sul lavoro, sui consumi, sulla spesa pubblica con l’assistenza agli anziani che potrebbe assorbire i 2/3 del budget del SSN. E’ indubbio che l’età media di sopravvivenza negli ultimi 60 anno abbia fatto passi da gigante, partiti da circa 64anni siamo arrivati a circa 78 anni guadagnando 14 anni di vita in più grazie agli antibiotici, alla prevenzione e ai nuovi farmaci oncologici. E ci sono campioni dello sport di una certa età come il tennista Federer che manifestano ancora performances invidiabili, ultracinquantenni scolpiti da jogging e panche da palestra, fregandosene altamente delle giovani leve. Ma siamo pronti ad affrontare il mondo con questa popolazione “resistente” all’oblio? Non ci vuole un genio per capire che la maturità porta spesso più esperienza ed equilibrio oltre che una tasca più piena e pronta ad affrontare spese e quindi le esigenze che una prole comporta. Né ci vuole grande discernimento nel comprendere che la gioventù sia l’epoca d’oro della vita e che andrebbe vissuta con meno ostacoli possibili in maniera più epicurea che stoica per filosofeggiare nel mito del “Primum vivere deinde philophari”. Ma nonostante una più grande saggezza non possiamo non realizzare che siamo comunque esseri “finiti” e non immortali e che il deterioramento anche se lento fa parte di tutti gli esseri vitali e non (anche un auto di prestigio mostra i segni del tempo). Allora questa nuova propensione nel voler mantenersi “giovane a tutti i costi” può giovare solo a se stessi o essere utile anche agli altri? In questo secondo caso non è forse più logico mettere al mondo qualche figlio in più che preservi la nostra identità e la nostra stessa civiltà oltre che un vero futuro benessere? E perché non facciamo nulla che possa favorire la natalità con un welfare più mirato a proteggere la famiglia anziché sposare il mantra della “decrescita felice” ed il diritto ad abortire tanto decantato ma che può causare anche qualche disastro economico e civile? Se ne sta accorgendo la Cina con la sua politica del “figlio unico” e con i suoi conseguenti 450 milioni di aborti ritrovandosi una popolazione invecchiata che a breve dovrà essere mantenuta in assenza di qualcuno che paghi le loro pensioni. In Francia o Germania le politiche di sostegno alle famiglie incoraggiano la nascita del terzo figlio con concreti e corposi sgravi. L’Italia resta invece al palo, aggrappata senza neanche sottolinearlo all’aiuto dei “nonni”, eterni “ammortizzatori sociali”. Non solo ma il calo demografico colpisce soprattutto il Sud del nostro Paese ove oltre alle minori nascite rispetto al Nord, registra anche una sempiterna fuga di braccia e cervelli verso il Nord più produttivo ed invitante. In Italia prevalgono le spinte contro la famiglia ed i rapporti eterosessuali come dimostrano gli abbracci e baci omosex esibiti a Sanremo. In soldoni, generare bambini è retrogrado! E questo, oltre alla depressione economica e la scarsa attenzione del welfare, è uno dei problemi più angosciosi alla base della decrescita. Come osserva Claudio Rise’ dal punto di vista della psicologia analitica le forze della vita, dell’amore ispirate da “Eros” sono oggi pesantemente sovrastate da “Thanatos”, l’archetipo della morte in quanto la spinta della società nella promozione dell’incontro amoroso è soprattutto sponsorizzata all’interno dello stesso sesso a motivo di un piacere comunque (sic!) raggiungibile ma ineludibilmente “sterile”. L’incontro generativo dei bambini è socialmente “out”. Ed è la ricchezza, il benessere, che non ci farà fare più figli. Siamo diventati dei Saturno che si cibano dei propri figli, negando loro il piacere di vivere. E non fare figli oggi è un “must” anche secondo l’agghiacciante “New deal malthusiano” secondo cui i bambini “inquinano” a vantaggio del “Dinks” acronimo americano che vuol dire “double income non kids” ( doppio stipendio, niente bambini). Ma dirompe Marcello Veneziani che fa in un suo articolo una proposta indecente: festeggiate in modo davvero originale e creativo la festa degli innamorati di San Valentino, mettendo al mondo una creatura! E l’amore più intenso e vero è quello che va oltre gli amanti e fonda la sua piccola eternità generando il frutto più significativo e memorabile di un atto e patto d’amore. Ma siamo troppo narcisi in fiore nella nostra età del selfie. Niente figli, solo tatuaggi! A questo punto alcune domande che si fanno anche eminenti economisti come Gotti Tedeschi: come ci si può illudere di accrescere il Pil di un Paese se la sua popolazione non cresce ma invecchia? E com’è stato possibile che per 40 anni si sia creduto che la crescita negativa delle nascite potesse essere compensata con la crescita dei consumi pro capite, cioè col consumismo? Infatti per compensare il declino demografico siamo stati “obbligai” a consumare sempre di più, sacrificando i risparmi, deindustrializzandoci e delocalizzando le nostre imprese specie nei Paesi asiatici. Di tutte le crisi che vive l’Italia e l’Occidente, quella dei figli mancanti è la più cupa e più grave a detta di Veneziani!
Pescara li 15-2-2020 F.to Arcadio Damiani