
Oramai le forze dell’ordine che dovrebbero appunto operare per il rispetto dell’ordine pubblico onde preservare quel minimo di sicurezza che garantisce ogni cittadino da improvvidi sconfinamenti contro le libertà personali si sono strutturate ed organizzate, in quanto costrette, ad un ripiegamento di autodifesa data la continua ed incessante propaganda contro di loro da parte di tutte quelle altre organizzazioni a partire dai centri sociali, associazioni culturali liberal, una certa magistratura “democratica”, che declamano eccessive libertà in totale assenza del rispetto del diritto. Invero nel rispetto dei diritti si muovono ma solo per tagliare i lacciuoli che la convivenza civile comporta e come denunciato da Alessandro Barbano, direttore del “Mattino”, nel suo libro “Troppi diritti. L’Italia tradita dalla libertà”. I nostri controllori dell’ordine vivono da anni in una condizione di totale abbandono da parte delle Istituzioni sia in merito alle carenze delle risorse umane ed economiche che principalmente da una perversa legislazione che fa di loro pericolosi oppressori più che vittime. Ricordiamo l’approvazione del “reato di tortura” del 17 maggio scorso di iniziativa parlamentare a prima firma di Luigi Manconi, presidente dell’Unar (Ufficio anti discriminazioni razziali) e noto per i suoi forum congressuali a favore dei migranti. E l’articolo 613 del Codice Penale recita “Chiunque con violenze o minacce gravi agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico ad una persona privata della sua libertà personale ed affidata alla sua custodia…ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa è punito con la pena di reclusione da 4 a 10 anni” con validità entro i 10 anni dall’evento. Inoltre al stessa legge vieta le espulsioni e le estradizioni verso quei paesi ove si rischiano violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani. Si può essere d’accordo onde evitare che in forza della “divisa” si possano commettere reati contro la dignità umana ed il diritto di adeguata contenzione, punibili certo severamente, se accertati ed individuali. Non tanto d’accordo sul fatto che in virtù della negazione dei diritti umani in certi Paesi ci si debbano tenere i loro cittadini migranti che per soggiornare dalle nostre parti si inventano le condizioni più strane come un pregresso furto o l’essere gay, reati punibili anche con la morte. Per queste condizioni dovrebbero intervenire tutte quelle strutture sovranazionali come l’ONU per riportare a più miti ragioni quei regimi tanto dispotici o tribali. Ed invece la stessa ONU, composta da 193 Stati membri, si avvale di un Consiglio per i diritti umani di cui fanno parte Paesi che di diritti umani fanno strage come Cina, Arabia Saudita, Cuba, Pakistan in mano come si sa all’estremismo islamico. E come possiamo noi occidentali proteggere questi milioni di individui che vivono il loro disagio esistenziale? Ed è la stessa ONU che pretende la nostra firma per un Global Compact che favorisca in soldoni l’accoglienza dei migranti e la loro tutela. Tutela che viene regolarmente negata sia alle forze dell’ordine che a noi cittadini. Ed è un continuo attacco di cui siamo oramai esasperati verso le nostre pur minime libertà. Libertà di non vederci scippata l’abitazione durante al nostra assenza con mobilio rivenduto e minacce del tipo “ti sparo in bocca”, di alberghi disastrati dagli immigrati ma che non ricevono un solo euro dallo Stato per la ristrutturazione e che non hanno ancora visto un solo euro per gli extracomunitari alloggiati. Abbiamo Procure che “indagano” e Giudici che “assolvono”: è questo il nostro più grande problema! Perché assolvono lo stupratore per il diritto all’orgasmo o lo spacciatore colto in flagrante o gli scafisti in quanto agiscono per “necessità” come se il diritto a guadagnare oscurasse lo stesso diritto della legalità come accaduto per la morte di 56 profughi annegati nel canale di Sicilia ove i giudici assolvono i sette presunti scafisti non credendo ai racconti dei superstiti e per i quali il Pm aveva chiesto l’ergastolo. Ed in questo impasse che le forze dell’ordine vivono in una condizione di chiara inopportunità ed inutilità del loro agire. Sempre nel pericolo di venire indagati e di affrontare processi che minano le loro scarse risorse economiche (con famiglia solo 1400 euro al mese). Ed allora preferiscono farsi accoltellare come alla stazione di Torino qualche anno fa ad opera di un clochard ubriaco più che subire un processo per lesioni o come accaduto al tabaccaio assolto per aver ucciso il ladro ma la cui sorella vuole intentare un processo civile per danni perché ovviamente il moldavo reo stava agendo in stato di “necessità”. E’ la legge bellezza! Pura follia direi! Ricordo la confessione di un Questore del Centro-Sud amareggiato per la decisione di un giudice che rimise in libertà un extracomunitario dopo che lo stesso capo della polizia gli aveva firmato un decreto di rimpatrio immediato per essere stato colto più volte in flagranza di reato ed aver fornito per una ventina di volte generalità false. La motivazione della liberazione: e se la ventunesima volta avesse detto la verità? Ora comprendiamo appieno lo scherno che hanno subito gli agenti di polizia che dopo mesi di indagine sono stati irrisi dal soggetto in questione, e questo nel migliore dei casi. In altri casi le stesse forze dell’ordine sono oggetto di rappresaglie e vendette che interessano le loro famiglie e i loro averi come ad esempio un auto data alle fiamme. Dipende molto dall’organizzazione criminale di cui fa parte il delinquente. Se sono molto feroci e tribali come la mafia nigeriana gli stessi giudici vanno molto cauti. Altrimenti perché togliere la protezione al pentito Marino super testimone contro l’assassino macellaio di Pamela Mastropietro? Che se non adeguatamente protetto potrebbe anche rifiutarsi di testimoniare. E l’ex procuratore di Milano Alfredo Robledo, non un qualsiasi infatuato ed ideologizzato giornalista, afferma “Ora che ho lasciato la toga i giudici mi preoccupano…Oggi con gli occhi del manager, guardo il mondo della giustizia con maggiore preoccupazione di prima…Noto che sempre più spesso vengono emanate sentenze percepite come non equilibrate e ricordo a me stesso che l’equilibrio è un requisito che per un magistrato viene ancora prima dell’onestà…”. Non c’è che dire dato il pulpito! Poliziotti e carabinieri non ne possono più, non per carenze economico logistiche che pure ci sono come scarsità e vetustà delle auto d’ordinanza come anche quella del combustibile, ma soprattutto per l’inutilità del loro lavoro molto spesso rischioso per la loro vita. Fino al punto da lamentarsi sui giornali con interviste che mai farebbero pensare ad un Paese civile. E gli esempi riportati cominciano ad essere veramente tanti e incredibili. Due ladri vengono presi dopo il colpo in un appartamento con recupero della refurtiva di circa 60.000 euro e riconoscimento dei malviventi da parte del proprietario ma il giudice li lascia liberi dopo un processo per direttissima senza nemmeno l’obbligo di firma. E gli agenti non possono nemmeno parlare direttamente alla stampa se non tramite i delegati sindacali e devono stare molto attenti altrimenti rischiano anche un provvedimento disciplinare perché hanno un “segreto d’ufficio”. Succede spesso che il fermo duri solo 24 ore e poi si ritrovano il soggetto sparito quando si indice il processo. E vedono clandestini malviventi lasciati liberi dopo che li hanno presi con tanto sacrificio. E non si contano i danni fisici che subiscono gli agenti ricoverati in ospedale e costretti ad una denuncia verso ignoti. Come l’agente accoltellato con 30 giorni di prognosi ma il giudice opta per lesioni e non per tentato omicidio, con aggressore già fuori. Come accaduto alcuni giorni fa a Torino dove due anarchici si impadronirono di un autobus pestarono l’autista e distrussero il mezzo: scarcerati in attesa di giudizio! Nel novembre scorso vicino Caserta il carabiniere Emanuele Reali morì sotto un treno inseguendo tre ladri che vennero scarcerati due giorni dopo. Nello stesso mese a Roma donna aggredita per strada e stuprata con i carabinieri che si dannano ad individuare l’artefice ossia l’ospite in un centro d’accoglienza ma in una manciata di giorni fuori anche lui con l’unica sanzione del divieto di dimora a Roma. Un senegalese aggredisce e lincia due vigili: solo un weekend in cella! Totalmente indifesi i preposti alla difesa! Si comprende quindi la frustrazione delle forze dell’ordine. E le loro organizzazioni sindacali denunciano l’impellenza delle regole da cambiare come per i reati predatori e quelli di allarme sociale come scippi e rapine e rivedere il libero convincimento del giudice che è diverso da ciò che è previsto nel diritto anglosassone perché altrimenti chi delinque si sente legittimato a reiterare ciò che ha fatto come chiarisce il segretario del Sindacato Autonomo di Polizia (SAP) Stefano Paoloni. E da rivedere i protocolli operativi perché l’agente delle forze dell’ordine che interviene in flagranza di un reato si prende delle responsabilità penali ed amministrative non da poco e senza tessere tutelato come accaduto all’agente accoltellato mentre stava sedando una lite familiare: l’aggressore e la famiglia hanno incolpato gli agenti perché sembrano siano stati loro ad arrecare danno. Alla fine gli agenti sono stati assolti ma hanno dovuto spendere migliaia di euro in avvocati in un processo durato 6 anni mentre il soggetto continua a malmenare moglie e figli. Come dar loro torto se allora la loro principale preoccupazione è la difesa non degli altri ma di loro stessi??
Arcadio Damiani