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GIUSTIZIA E GARANTISMO

FOTO-RUBRICA-SITO-DAMIANI2-400x242-1 2E’ oramai acclarato che la signora bendata con la spada e la bilancia, quale simbolo-emblema della giustizia che non fa sconti, sta passando un brutto momento visti i continui assalti alle sue vesti per tirarle da ogni parte col grave pericolo di farla cadere. Ma è con la disamina dei fatti purtroppo che si evince quanto sia mal ridotta in salute questa signora. Il primo vulnus è certamente quello della facilità con cui si va in galera prima del processo e dell’estrema facilità con cui se ne esce anche dopo espresso giudizio di condanna per colpevolezza. Il “garantismo” in sostanza dovrebbe assicurare all’indagato tutte quelle garanzie di anonimato per non incorrere, a prescindere, nel pericolo di una gogna mediatica di difficile smaltimento dopo una eventuale assoluzione piena e che talora conduce al gesto inconsulto dell’autosoppressione per una vergogna intollerabile, come accaduto in precedenza per Gabriele Cagliari e Raoul Gardini, come assicurare, una volta stabilita la colpevolezza, la certezza della pena evitando, come nel caso dell’assassinio recente del giornalista Antonio Megalizzi, che un pluricondannato ben 27 volte da tribunali svizzeri, francesi e tedeschi, artefice del delitto, Cherif Checatt, sia rimasto ancora a piede libero. La nostra giustizia pertanto non sembra essere così civile da proteggere l’imputato come non sembra essere così seria da assicurare la giusta punizione per il reo. E’ evidente il paradosso di un garantismo che non tutela il cittadino mentre protegge il criminale assicurandogli improbabili, a conti fatti, prove di redenzione. Ma qual è il senso comune di giustizia della gente “normale”? E’ solo “legge naturale” al di là delle “norme positive” inventate dagli uomini, perché come afferma Luca Ricolfi “Non è naturale che una comunità non possa difendersi da chi ha ripetutamente manifestato la volontà di colpirla” meravigliandosi che sulla criminalità e terrorismo l’unica strategia che non vie mai presa in considerazione è l’” Incapacitazione” cioè punire la recidiva rendendo il tempo di permanenza in carcere tanto più lungo quanto più numerosi e ripetuti sono i crimini commessi. Ed il sociologo vorrebbe ricordare agli “Illuminati delle èlite” quanto Raffaele La Capria ebbe a scrivere in un suo pamphlet sulla differenza fra “buon senso” e “senso comune”. Il primo è speso conformista ed opportunista perché si adatta a quel che conviene pensare in quel momento e in quel luogo; il secondo è libero da pregiudizi perché ha il coraggio di vedere le cose per quel che son al di là delle costruzioni intellettuali con cui il potere cerca di ridescriverle. E secondo questo “senso comune etico” che nasce la difesa della città minacciata dal difuori e dall’alto col mistificare e controvertere se non annientare quelle regole che sono alla base di una civile convivenza. Altrimenti cosa dire per i due poliziotti nei guai dopo avere arrestato, durante un blitz antidroga uno spacciatore irregolare? Ed il magistrato non ha creduto alla versione di questi poliziotti impegnati già in missioni delicate e pluripremiati bensì al marocchino pluripregiudicato che ha denunciato le forze dell’ordine perché aggredito senza motivo. Ma com’è possibile? La smania di protagonismo di giudici e avvocati non ha limiti, pur di apparire sui media le loro sentenze oramai fanno solo scalpore e non giustizia! Il secondo vulnus riguarda l’uso che si fa della giustizia che in realtà dovrebbe essere “super partes” ma che spesso è alla mercé di volontà politiche, come mezzo di sperequazioni velleitarie. Altrimenti che dire di tutte quelle correnti della Magistratura o dei suoi esponenti che senza vergogna si presentano in competizione elettorale sotto l’egida di un partito? Come si può avere fiducia nell’equilibrio giudiziale se a priori il magistrato segue una chiara ideologia? Con l’impunità di salire e scendere dall’agone politico tornando a rivestire i panni di questa prestigiosa Istituzione che stando alla struttura tecnico amministrativa è paritaria ai Ministeri? Con tangentopoli la sinistra, con qualche eccezione, si è scoperta giustizialista, anche se come tale dovrebbe stare sempre dalla parte del più debole povero o ricco che sia, nell’intento di danneggiare gli avversari che non hanno potuto sconfiggere nell’urna. Ma se giustizialismo è, dovrebbe valere sempre ed invece non è così. Come nel caso di Cesare Battisti l’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo) condannato dopo estenuanti processi nel nostro Paese a 4 ergastoli per omicidi plurimi negli anni ’70 e da sempre in fuga dapprima protetto in Francia dal socialista Mitterand e poi in Brasile dai presidenti sinistri come Dilma Roussef e Ignacio Lula Da Silva. Ora con la sua estradizione finalmente accolta dal nuovo governo brasiliano per un ritorno nelle nostre patrie galere si invoca l’ennesima protezione dei veterosinistri con clemenza e indulgenza per un trascorso temporale troppo lungo. Comunque sia nonostante ci siano cavilli alla sua estradizione nelle leggi brasiliane come l’assenza del carcere a vita e il matrimonio con donna locale il terrorista non si è fidato e se l’è data a gambe per l’ennesima volta ben protetto dalla rete degli amici anche del corrotto Lula Da Silva. In questo caso si chiede la prescrizione di un reato non prescrittibile come l’omicidio plurimo, mentre il nuovo governo in odore progressista specie  quelli che gridano “onestà, onestà” vuole abolire la prescrizione per reati, come la corruzione e la concussione di gran lunga meno gravi del terrorismo omicida con l’ovvia conseguenza gravissima di processi interminabili che oltre che configuranti di per sé l’illegittimità di una giustizia negata in tempi ragionevoli, anche del messaggio di uno Stato confuso e inaffidabile. E l’illustre magistrato Carlo Nordio sottolinea lo sgomento da parte del legislatore che lascia intatta la disciplina della prescrizione della pena il che vuol dire che se un condannato sfugge all’espiazione della pena inflitta, dopo qualche anno la pena si estingue e può tornare libero nel suo paese. Ma se per Cesare Battisti come detto il reato è imprescrittibile, per certi altri reati non meno odiosi come la violenza sessuale sui bambini o l’associazione mafiosa la pena è ancora prescrittibile (vedesi le latitanze dei mafiosi) per cui conviene che il condannato a piede libero continui a fuggire più che affrontare un processo perché così dopo qualche anno torna libero mentre col processo e la condanna definitiva la detenzione non glie la leva nessuno. Purtroppo anche in tal caso le maglie sono così larghe che si ripresenta quel “garantismo” a tutela della buona condotta, della revisione della pena, a nome di tutte quella altre norme che cercano la neo-santificazione del criminale con pene successive dimezzate se non ridotte a un terzo. Ma allora come possiamo difenderci dalla criminalità e da questa giustizia “colabrodo”? Difficile perché anche per il nuovo decreto della sicurezza varato dal governo si sono levate critiche e sapete da chi? Certo, dalla “sinistra garantista” che ha epigoni dappertutto soprattutto nelle alte sfere internazionali come attestato dalle uscite di Filippo Grandi, Alto Commissario dell’ONU per i rifugiati “Assimilare sicurezza e immigrazione in un unico decreto non mi pare né utile né giusto. Favorisce una percezione della migrazione e dei movimenti dei rifugiati come minacce della sicurezza pubblica. Questo è profondamente fuorviante.” Se non allucinante, francamente fuori luogo! Perché come dice Carlo Nordio il concetto di “rifugiato” è un concetto giuridico che si riferisce ai richiedenti asilo in quanto perseguitati per razza, religione, cittadinanza gruppo sociale o opinioni politiche. E ne sono esclusi i migranti per ragioni economiche. E la stragrande maggioranza dei nostri richiedenti asilo non è affatto perseguitata come marocchini, tunisini o algerini. Anzi la Tunisia ha un Pil maggiore del nostro ed un’economia che va. E comunque vengono da paesi che non hanno ben chiaro cosa siano i diritti umani ma nemmeno sono brutali dittature. Ma oltre al danno vi è la beffa che questi paesi che esportano queste, secondo alcuni, risorse, sono essi stessi persecutori che siedono nelle alte palanche dell’ONU e nominano l’Alto Commissario che peraltro invoca protezione di chi scappa da loro. Ed è proprio questa mancata percezione del disagio vissuto nelle nostre periferie dei risiedenti nei caldi scranni a Ginevra che non hanno idea alcuna dello spaccio di droga e della criminalità in mano ad organizzazioni che sfruttano gli immigrati come quella che viene conosciuta come “mafia nigeriana” e non fanno minima menzione delle statistiche dei reati dei quali più della metà sono appannaggio degli immigrati contro solo il loro 8% della popolazione nostrana.   E come diceva papà “Caro figlio spero che tu non abbia mai a che fare con le malattie e con la giustizia: in entrambi i casi il rischio è molto grosso”. Infatti la bilancia è rotta, la spada è spuntata e la signora è diventata cieca per sopravvenuta cataratta.