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I PREMI “DANTE” ABRUZZESI

Francesco Crivellini, Marco De Virgiliis, Luca Kleve Ruud e Ugo La Pietra: sono i quattro prestigiosi abruzzesi nel mondo che domani sera, 13 dicembre (ore 18), riceveranno all’auditoriumEnnio Flaiano di Pescara il Premio internazionale Dante Alighieri, manifestazione giunta alla 14ma edizione, organizzata dal Comitato di Pescara dell’omonima Società fondata nel 1889 da Giosuè Carducci. La “Dante Alighieri”ha lo scopo di “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana”. Un evento a ingresso libero che si svolge sotto l’alto Patrocinio del Presidente della Repubblica e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dei Beni e Attività culturali, Università degli Studi Gabriele D’annunzio di Chieti-Pescara, Presidenza del Consiglio regionale, Comune e Provincia di Pescara. La serata sarà condotta anche da Pasquale Pacilio, direttore del Tg di Rete8, e Cristiana Marinucci(nella foto qui sotto insieme a Cesare Giancola, presidente della Dante di Pescara, intervistato dal giornalista Franco Farias). Dopo la premiazione seguirà il tradizionale “Concerto di Natale” con la “Big band” del Conservatorio di Musica Luisa D’Annunzio di Pescara, diretta dal sassofonista Pierpaolo Pecoriello. Ospite d’eccezione sarà il jazzista Bepi D’Amato che si esibirà al clarinetto. Tornando ai premiati selezionati quest’anno, Crivellini, originario di Alanno (Chieti) è un coreografo e costumista impegnato in tv e nel cinema, vincitore di un “Nastro d’argento” e varie nomination ai “David di Donatello”. L’imprenditore De Virgiliis è il titolare e fondatore della Markbass di San Giovanni Teatino (Chieti), uno dei brand più noti al mondo per la produzione di amplificatori per bassi, famoso per il suo il motto “Senza soldi sì, senza sogni no!”; quindi, La Pietra, architetto, artista, designer che vive a Milano ed è nato a Bussi sul Tirino (Pescara). Infine, Kleve Ruud, foto-giornalista italo-norvegese, nato a Pescara e residente a Oslo quando non è in giro per il mondo per lavoro. Vanta missioni con l’Unicef, Amnesty international, Save the Children e la Croce rossa internazionale. E’ stato uno dei pochi fotoreporter ad accedere a un leader di Boko Haram, l’organizzazione islamica jidahista in Nigeria, uno dei luoghi più pericolosi al mondo. Ringraziando Kleve Ruud, abbiamo scelto due sue foto, che pubblichiamo: “In alcuni paesi dell’Africa puoi comprare un albino per 188mila euro – rivela il fotoreporter italo-norvegese a commento dell’immagine d’apertura – Vengono trattati come figli del diavolo, ritenuti esseri magici in grado di dissolvere il malocchio grazie alle loro ossa, di fare trovare l’oro in una miniera grazie ai loro arti, di rendere nuovamente pescoso un lago o di curare l’infecondità grazie ai loro seni o genitali. Gli albini non muoiono, svaniscono come fantasmi e con la pioggia si dissolvono. La stregoneria e la magia nera sono presenti in tutta l’Africa. A causa dell’eliminazioni sistematiche, sarebbero diecimila gli albini che vivono nascosti nelle campagne dell’Africa occidentale”. La foto sotto è stata scattata in Laos a una mamma con figli piccoli, del popolo hmong. “Nel 1960, durante la guerra civile laotiana, conosciuta anche come ‘guerra segreta’, molti hmong furono reclutati dalla Cia statunitense in un piano generale di difesa del Laos contro gli attacchi dell’esercito nord-vietnamita e dei loro alleati del Pathet Lao – prosegue Kleve Ruud – Il generale hmongVang Pao fu posto dalla Cia a capo della Military region II, composta principalmente da truppe irregolari hmong e incaricata di compiere azioni di disturbo contro i ribelli. Alla fine del conflitto, che si concluse col trionfo del Pathet Lao, gli oltre 30mila Hmong che avevano aiutato gli americani furono considerati dei traditori dal governo e, insieme a migliaia di altri connazionali, per non essere sterminati, lasciarono in massa il Paese. Ancora oggi tanti hmong vivono ‘nascosti’ e dimenticati nelle montagne in Laos. Spesso ricordati soltanto quando si deve dare la colpa a qualcuno sui disboscamenti selvaggi. Un popolo che non ha diritto a cure mediche, scuole, educazione, a niente”.