
Mi spiace che la fatidica data dell’8 marzo a definire la “festa delle donne” quest’anno non abbia dato luogo a piazze, convivi, striscioni, eventi, pizzate che certamente hanno importanza per il giro economico che producono, causa l’emergenza coronavirale che ha bloccato su decreto riunioni ed assembramenti per paura del contagio che sembra abbastanza veloce e pericoloso. Certo è sempre motivo di allegria, vicinanza e comunicazione anche fisica ma credo che la donna, al pari delle chiese vuote ed il consiglio alto pastorale di riflettere il cristianesimo in un auspicabile e sacro silenzio con se stessi, debba cogliere quest’occasione per riflettere sull’opportunità vera di gloriarsi della condizione della donna del XXI secolo. Non che l’uomo sia messo tanto meglio, anche se gode ancora di qualche privilegio economico ideologico-stipendiale che spero cessi presto. Tuttavia questa festa qualche spunto di riflessione, care donne, dovrebbe darvelo. La sua storia ha inizio nel primissimo Novecento come Movimento di rivendicazione dei diritti delle donne quando era in auge lo sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, la discriminazione sessuale del gentil sesso e la negazione del loro diritto di voto. Dopo vari cambi di date finalmente si è stabilito l’8 marzo qui da noi solo nel 1944 con l’introduzione della simbolica mimosa (poco costosa e di stagione) nel 1946 ma si deve arrivare agli anni ’70 per vedere la nascita di un vero e proprio movimento femminista e precisamente nel 1972 quando le donne hanno chiesto anche la legalizzazione dell’aborto. Oggi questa festa ha perso un po’ di tono ed è imperniata soprattutto nel sensibilizzare l’opinione pubblica su problemi di varia natura che riguardano il sesso femminile come la violenza contro le donne ed il divario salariale rispetto agli uomini ed è anche un’occasione di svago nell’uscire con le amiche lasciando, una tantum, mariti e figli a casa. Ma fu una vera conquista? Per alcuni versi certamente sì come la parità dei diritti di fronte alla Costituzione, l’uguaglianza i trattamento economico, la possibilità di esprimere una scelta nell’urna. Ma oggi che la donna ha raggiunto ruoli direttivi veramente ragguardevoli come la guida di alcuni Stati, grandi laboratori mondiali, banche centrali che bisogno c’è ancora di spingere all’estremo le richieste di ulteriori diritti che mortificano la loro stessa essenza lasciando steso al suolo l’universo maschile? La giornalista Silvana De Mari in un suo articolo fa un punto sulla situazione oggi della donna che non deve per forza considerarsi vittima del maschio ma che spesso è ancora vittima di una società che la vuole utilizzare per altri fini non proprio a sua difesa. Storicamente ricorda la giornalista che erano proprio le donne i re e i sacerdoti a portare la sottana, i re e i papi a portare gioielli e gli uomini si inginocchiavano per chiederla in sposa, non il contrario. I grandi sarti cucivano i loro abiti avvolgenti le sinuosità della fisicità femminile, i gradi fotografi esaltavano le forme femminili, i loro sguardi ammalianti e sensuali nei loro ritratti, i grandi chef si sperticavano in cucina per allietare il palato femminile in segni di amore e rispetto: tutti a celebrare la mater per la quale l’uomo poteva anche perdere la vita in un duello a fuoco. E va detto che nel mondo occidentale tradizionale molte donne subivano ingiustizie ma comunque meno degli uomini che subivano l’ingiustizia della guerra, della miniere e della fonderia ed ora anche la donna può finalmente vantarsi di morire per malattia professionale. Il “movimento femminista” ha avuto due fasi: il “movimento di emancipazione” che voleva diritti politici quando erano diventati possibili ed il “movimento di liberazione” basato sull’odio verso gli uomini, il cristianesimo e la civiltà occidentale perché in fondo odia le donne, il loro essere madri, vogliono essere uguali agli uomini ma odiando la maternità, odiano anche l’essere padre. In altre parole odia la sessualità indirizzata alla maternità reclamizzando un erotismo sui generis da sola o con un altro o altra, chiunque essi siano, e fine a se stesso molto scarso nel profluvio ossitocinico che sorge quando la donna fa l’amore col suo uomo. Una “sessualità usa e getta” di tipo maschile ma che per la donna è un auto aggressione perché il sistema arcaico limbico cerebrale sa che da una copula può nascere una vita e che pertanto la promiscuità sessuale assurta a dovere dall’educazione sessuale vigente può essere pericolosa per l’equilibrio piscologico femminile. Il movimento di liberazione odia il matrimonio in quanto il termine deriva da “mater” nel finalismo di proteggere proprio le madri. Il movimento di liberazione ha procurato alla donna il massimo dei diritti: possibilità di uccidere nel loro ventre una vita che nasce e che si accompagna alla totale assenza di protezione sociale seria in caso di gravidanza sia economica che della tutela del rapporto madre-bambino nel primo anno ed oltre per la salute fisica e psichica di entrambi. Ma un sistema di assistenti sociali si sono arrogati il diritto contro il volere dei genitori spesso di prendere in consegna dello Stato i loro figli per sbatterli chissà dove e come non bastasse anche di abbassare l’obbligo scolastico a 3 anni così da educarli meglio secondo il “Pensiero unico”. E l’aborto oggi è stato portato da conquista civile ad eccesso d’uso: come contraccettivo! A parte che la prima causa di morte nel globo non è il cancro né le malattie cardiovascolari bensì l’aborto volontario, Matteo Salvini per il solo fatto che ha affermato che “l’aborto non è un sistema contraccettivo” poco ci mancava che lo lapidassero in pubblica piazza con l’epiteto di “crasso misogino e ignorante” (Silvio Viale ginecologo sul Corriere). Roba da matti! Alessandra Piontelli neuropsichiatra e psicoanalista nel suo corposo volume “Il culto del feto. Com’è cambiata l’immagine della maternità” (ed.Cortina) parla dell’atteggiamento delle donne straniere nei confronti della gravidanza e dell’aborto e che ricorrono ad esso tre volte di più delle donne locali in quanto lo considerano un puro e semplice contraccettivo non assumendo proporzioni drammatiche come da noi. E certe donne si sono recate in Pronto soccorso per abortire per ben 6 volte! A seguire come non ricordare il movimento di liberazione femminile che ha annullato le differenze: due maschi ricchi (casi Nichi Vendola ed Elton John) possono sfruttare e distruggere la salute di donne povere per comprare i loro ovuli ed utilizzare i loro uteri e provate ad affermare la verità che il bambino ha bisogno della madre: sarete accusate di “sessismo” e tra poco con gli uteri artificiali (biobag) non ci sarà più necessità del loro ventre svilendo il loro desiderio di mantenere quella differenza col maschio, ed ha annullato anche la differenza che i maschi possono infischiarsene dei figli che hanno concepito tanto le donne sono abbastanza in gamba da abortire o tirarsi su la prole da sole! Ha creato un esercito di donne sole! In Svezia più del 50% degli uomini e più del 50% delle donne vivono soli. Che bella conquista! Che goduria! Il movimento di liberazione femminile con grande rispetto delle etnie altrui ha sempre rispettato la donna islamica nel portare il burqa e ad essere lapidata. Alla faccia! Il mito dell’amore libero, il grande sogno di Woodstock, lo slogan sessantottino che ha accompagnato almeno due generazioni “fate l’amore non la guerra” l’altro grande slogan femminista “l’utero è mio e lo gestisco io” per riappropriarsi del loro corpo liberandolo da una gabbia patriarcale e maschilista cos’hanno lasciato sul terreno? Lucetta Scaraffia storica che ha condensato in un libro anni di ricerche “Storia della liberazione sessuale” (Ed. Marsilio) da ex femminista arriva ad un giudizio finale molto severo perché se è vero che oggi le ragazze sono più autonome, purtroppo la rivoluzione sessuale ha avuto anche effetti collaterali non immaginati. Infatti la liberazione dei costumi sessuali è finita per gravare soprattutto sulle spalle delle donne perché per gli uomini la rivoluzione ha amplificato ancora di più lo spazio di libertà che già avevano, alleggerendoli dal senso di responsabilità verso i pargoli. Se un tempo un ragazzo metteva incinta una ragazza si assumeva la responsabilità dell’incidente, oggi demanda alla ragazza la scelta di averlo e accudirlo o di abortire. La pillola che dal 1963 ha affidato alla donna il controllo della fertilità si è rivelata una sorta di boomerang: ciò che la donna ha ottenuto sul piano della libertà e dell’inserimento sociale è stato pagato con il procrastinare in età più tarda la maternità quando il concepimento può essere più difficile ed i meccanismi di controllo sul concepito meno attenti. Perché care donne non pensate ad un 8 marzo diverso, il tempo per riflettere ce l’avete. Un 8 marzo per celebrare gli uomini che amano e rispettano veramente le donne la spettacolare diversità del vostro corpo e della vostra mente e quelle donne che amano il loro uomo per sigillare quell’attrazione naturale che permette la vita. La felicità coniugale è impareggiabile perché alla base vi è il rispetto per l’altro, un progetto comune, come si evince dai numerosi studi che stabiliscono un minore ricorso alla depressione, al suicidio e allo stress dei soggetti coniugati rispetto ai “single”. Celebrate un 8 marzo in compagni di un pensiero profondo verso chi avete lasciato a casa quando state a brindare con le amiche. Vi amo e vi ringrazio!