Negli ultimi decenni la convivenza duratura, così detta “more uxorio”, e quindi capace di creare una famiglia di fatto è diventata un fenomeno diffuso. La famiglia “di fatto” si differenzia dalla famiglia “di diritto” in quanto i compagni di vita non sono vincolati da un atto matrimoniale e, quindi, dai doveri e dagli obblighi statuiti dalle norme contenute nel Codice Civile e nelle Leggi speciali che disciplinano il diritto di famiglia, con la conseguenza che non esiste ancora una disciplina organica sulla convivenza non fondata sul matrimonio. Un importante passo volto a tutelare la convivenza more uxorio è stato recentemente posto in essere dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7214 del 21 marzo 2013, la quale ha affrontato il caso dello scioglimento di una coppia di fatto laddove uno dei partner pretende che l’altro lasci l’abitazione dove hanno convissuto fino ad allora. Infatti, il caso di specie esaminato dalla Suprema Corte era quello di un uomo che durante la convivenza godeva della casa familiare di proprietà della partner. Nello specifico, l’uomo, in costanza di convivenza, aveva venduto alla propria compagna detta abitazione alla quale aveva trasferito anche il possesso, pur ovviamente, continuando ad abitarvi unitamente alla sua compagna. Dopo qualche mese dal rogito cessava la relazione e la compagna, neo proprietaria dell’immobile pretendeva che il compagno lasciasse immediatamente l’appartamento. Poiché quest’ultimo rifiutava tale decisione la donna ricorreva alla forza pubblica adducendo che l’uomo, restando nell’abitazione aveva commesso il reato di violazione di domicilio con la conseguenza che, per il tramite dei Carabinieri, otteneva la restituzione delle chiavi dell’appartamento. L’uomo, tuttavia, restituiva le chiavi solo per evitare una possibile imputazione penale, ma, ritenendo di essere stato vittima di uno spoglio, decideva di agire giudizialmente contro l’ex compagna per vedersi riconoscere il suo diritto al compossesso dell’immobile, il quale gli veniva riconosciuto sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello. A questo punto l’ex compagna ricorreva alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte, con la decisione sopra menzionata, ha confermato il diritto dell’uomo a ricorrere alla tutela possessoria. In definitiva, l’elemento innovativo della pronuncia in esame è quello di aver superato l’assunto secondo cui il convivente non proprietario dell’immobile adibito ad abitazione della coppia di fatto, sia da considerarsi quale mero ospite o semplice detentore. Grazie a questa nuova interpretazione della Corte, il convivente more uxorio, proprietario della casa familiare, nel momento in cui la relazione di coppia viene a cessare, fermo restando il diritto di recuperare la piena disponibilità dell’alloggio deve concedere all’ex partner un termine congruo per reperire altra sistemazione abitativa.
LA CONVIVENZA
