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MIGRAZIONI E MULTICULTURALISMO: OPPORTUNITA’ O CALAMITA’?

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E’ di questi ultimi giorni la notizia che mister Facebook, in arte Mark Zuckerberg, ha intenzione di fare un tour in tutta l’America con la scusa di “sentire il popolo” ma in realtà con la ferma decisione di scendere in politica in veste progressista e anti Trump. In altre parole un miliardario che controlla i dati sensibili di mezzo pianeta ma non criticabile in quanto progressista. “Pecunia olet” solo per Trump o Berlusconi ma non per lui i cui guadagni son o diventati “sacri” anche perché ha confidato la sua conversione religiosa, divenuta importante per lui, da ateo che era, in quanto nessun presidente americano è stato ateo. Sarebbe veramente scandaloso se il suo disegno si avverasse a testimonianza di quanto sia alta l’invadenza dello strapotere delle informazioni sulla vita civile e sulla negazione della stessa democrazia. Utilizziamo tutti(non io!) il grande calderone del suo “social” dove diventiamo nudi e felici e senza quella privacy che ci distingue immersi nel fango della poltiglia che ci rende tutti uguali e sudditi. Fa il paio il multiculturalismo secondo l’altro miliardario Soros con i suoi grandi affari e l’impegno profuso per la sostituzione dei popoli in una società futura “grande e aperta” buona per lui ma è tutto da dimostrare che il suo multiculturalismo sia veramente rispettoso delle molteplicità delle culture e che sia migliore di una società dotata di un buon grado di omogeneità culturale visti i danni di convivenza che si producono quando fedi valori e istituzioni coesistono nello stesso territorio. In realtà Soros è a capo della fondazione “Open Society” che finanzia una serie di Ong presenti sui territori ad esempio in Macedonia ove si sono irretiti per la devianza di queste organizzazioni che invece di dare supporto, per definizione, alle comunità locali, finanziano realtà che si occupano di politica evocando pressioni mediatiche (elargendo fondi) e indebite interferenze sull’opinione pubblica con battaglie politiche che spingono sempre univocamente in direzione socialista. In pratica politica attiva sotto il cappello di organizzazioni umanitarie. E sono proprio i re della finanza che manovrano per aprire i confini e rovinare gli stati e nel 2016 sono entrati in Italia un record di 181.000 persone con l’idea di un fenomeno epocale cui non possiamo opporci. Ma la realtà è tutt’altra cosa. Si dice che fuggono da guerre e la gran massa proviene da paesi dove non c’è guerra; si dice che fuggono dalla miseria e quindi sono “migranti economici” ma la gran parte non sono così poveri e scarsi in salute perché sono giovani acculturati che si possono pagare la traversata con denaro sonante impoverendo, sì, il loro paese delle necessarie risorse umane, aiutati dai nostri aiuti umanitari che finendo in mani sbagliate acquistano barconi e pagano scafisti. Quindi sono i ricchi che partono non i poveri e stranamente quando un paese diventa più ricco il numero dei migranti aumenta e aveva torto Barroso quando affermava che lo sviluppo economico del terzo mondo toglierà le cause profonde della migrazione perché il “Center for Global Development” di Washington nel 2014 ha spiegato che la povertà estrema del mondo si è dimezzata dagli anni ’90 e incredibilmente ci sono meno guerre. Ma allora perché fuggono? Fuggono da dissennate politiche messe in atto dai nostri notabili nel continente nero. E si tratta delle stesse politiche che sono messe in atto nel nostro continente e che vanno sotto il nome di “austerità”. A partire dagli anni ’80 come riporta Francesco Borgonovo il debito pubblico è stato utilizzato come arma per controllare gli Stati africani. E lo ha spiegato bene Saskia Sassen docente di sociologia alla Columbia University nel suo libro “Espulsioni”. Il FMI e la WTO hanno imposto misure economiche molto restrittive di taglio alla spesa pubblica in tali paesi da consentire di rimettersi in carreggiata migliorando le proprie condizioni. Quindi controllare l’inflazione anche a costo di sacrificare la crescita economica e l’occupazione e di privatizzare tutti i servizi di base dalle infrastrutture alle attività bancarie. Ciò che è successo in Grecia e che vorrebbero ripetere anche nel nostro paese. Il risultato ovunque è stato lo stesso: l’indebitamento dei paesi africani è aumentato, le classi medie impoverite, la disoccupazione dilagante. L’esempio è quello della Somalia dove fino agli anni ’70 le condizioni economiche e sociali erano abbastanza decenti. Poi il debito pubblico è cresciuto e sono intervenuti il FMI e la WTO che in un decennio hanno decretato la rovina del paese. Così gli africani si impoverivano sempre di più e per pagare il debito si rimettevano alla mercé di potenze straniere e grandi corporazioni transnazionali cedendo terre e risorse. Nel contempo i cittadini emigravano per arrivare in Europa ad incrementare le fila dei lavoratori sottopagati utili a destabilizzare anche i salari degli europei. E’ chiaro dunque che se una buona fetta degli abitanti del continente nero si trasferisce da noi non è colpa di noi occidentali ma solo di quella ristretta élite di potentato politico-finanziario che negli ultimi anni hanno agito distruggendo gli Stati allo scopo di creare quel “melting pot” globale e funzionale solo a loro e al loro arricchimento. E non a caso sono proprio i loro rappresentanti a presiedere quelle organizzazioni mondiali per il controllo migratorio. Infatti il rappresentante ONU per le migrazioni è Peter Sutherland già direttore del WTO, ex chairman della Goldman Sachs oltre che molto vicino al gruppo Bilderberg. Ebbene il giornalista riporta una sua dichiarazione del 2012 “.. l’Unione europea dovrebbe minare l’omogeneità nazionale degli stati membri..” e qualche mese fa ha aggiunto “.. è necessario aprire le frontiere a chiunque, pure ai migranti economici e il problema principale è il populismo xenofobo ed i nostri paesi dovrebbero diventare multiculturali..”. Fa il paio con lui William Lacy Swing ex ambasciatore USA in Africa ed attuale direttore dell’organizzazione internazionale per le migrazioni(OIM) che dipende dall’ONU e che nel suo Advisory Board ha il solito Peter Sutherland oltre a Teresa Rojas rappresentante della Fondazione del finanziere George Soros e Ian Goldin già in servizio presso la Banca Mondiale. C’è da chiedersi perché a gestire migrazioni ci siano solo élite finanziarie e non associazioni politico umanitarie. Misteri della fede! Pertanto questo ineludibile “meticciato culturale” sancisce la scomparsa delle identità e delle differenze generando una brodaglia indistinta e disordinata ove il costume e la legge non sono più univoci creando notevoli problemi alla funzione del nostro cervello che risponde naturalmente con un sistema binario. Del tutto innaturale perché senza le diversità si precipita nell’inferno dell’uguale, nell’omologazione totale, nei neutri economici. E mentre la tv italiana non perde occasione di fare propaganda a favore dell’accoglienza indiscriminata( I fantasmi di Portopalo con Beppe Fiorello su Rai1, la fiction Lampedusa con Claudio Amendola una sorta di rivisitazione del docu-film Fuocoammare di Francesco Rosi, la fiction Anna e Yusef con Vanessa Incontrada dedicata all’amore multietnico fra un migrante e un’europea ) la tv svizzera con un progetto finanziato dalla Segreteria di Stato ha messo su una serie televisiva chiamata The missing step(letteralmente il passo mancante) con gran parte delle scene girate in Nigeria in merito ad un partenariato migratorio elvetico-nigeriano siglato nel 2011 per la gestione dei flussi migratori che in Svizzera sono molto più risibili che da noi. E si vuole informare che la traversata del Mediterraneo è pericolosa(ritornando alla carretta del mare che naufragò portando con sé 283 giovani migranti si vuole giustamente denunciare la colpa dei morti sul groppone di chi fomenta il flusso non di chi accoglie visto che la disgrazia è successa a 19 miglia da Portopalo) e che le possibilità dei nigeriani di ottenere l’asilo sono molto ridotte e che la vita da clandestini in Svizzera è molto difficile. Ma il fatto molto interessante è che alla logica migratoria si oppongono soprattutto i nigeriani che vedono impoverirsi di risorse il loro paese. Ancora, nel rapporto di Frontex uscito pochi giorni fa si mettono in risalto le perverse lusinghe dei trafficanti con la migrazione associata al successo che hanno un forte impatto nell’immaginario collettivo come denunciato anche dall’autore americano Denis Johnson nel suo recente libro sull’Africa. Per non dire dei trafficanti e degli scafisti che contattati da cronisti presunti profughi rispondono ”..vai in Italia, ti vengono a prendere loro, non con navi della Marina ma con quelle delle missioni ma devi pagare subito e per 3200 dollari pensiamo tutto noi. Se vuoi portiamo anche droga..” Claudio Risè in un suo articolo esprime la sua necessità di andare oltre i luoghi comuni contro il “mito dell’uguaglianza”: siamo tutti uguali, in tutto il mondo e vogliamo tutti le stesse cose e chi la pensa diversamente è un asociale, un individuo pericoloso. Ma non se ne può più! E la gente comune lo ha espresso in Inghilterra contro l’UE di Juncker con la sua arroganza di dettare regole comuni di “austerity” mentre il suo paese è stato un paradiso fiscale; lo hanno espresso gli americani contro il politically correct obamiano clintoniano di forzata omologazione a tutto vantaggio delle lobbies finanziarie che continuano a minare con le più disparate azioni anti-Trump ciò che per il popolo americano rappresenta un nuovo rinascimento alla luce della bellezza della diversità e di quel “sentirsi” ancora appartenenti ad un’identità non discutibile; e lo hanno capito anche i nostri giovani che hanno “liquidato” in maniera incontrovertibile l’idea egemonica di un premier il cui unico fine era “ammaliare” i cittadini mettendo pezze alla gomma senza togliere i chiodi lungo la strada. Hanno capito che se diversità c’era era solo quella fra le élite sempre più ricche e la crescente massa di cittadini colpiti da povertà, distruggendo un ceto medio che da sempre storicamente rappresenta il tessuto vitale di una società civile. Speriamo si sia all’alba di un grande movimento che assieme a questi nuovi leader sta imprimendo uno straordinario dinamismo al mondo intero e non solo alle borse (in Inghilterra il Pil è cresciuto del 2% e le borse si sono impennate), sostituendo idee e comportamenti globalizzati con il ritorno al rispetto delle diversità culturali, valoriali e vocazionali dei territori. Come spiegava già qualche decennio fa il filosofo libertario tedesco Paul Feyerabend: “L’unanimità di opinione può essere adatta per i seguaci deboli di qualche tiranno. Ma per una conoscenza obiettiva è necessaria la varietà di opinione. E’ anche l’unico metodo compatibile con una visione davvero umanitaria”. art.damiani