Il conto salato del “modello Riace”: quando l’accoglienza diventa un buco da 3 milioni

“La solidarietà non può mai diventare complice dell’illegalità.” — Margaret Thatcher

L’accoglienza alternativa “Modello Riace”

Il sogno di un’accoglienza “alternativa”, celebrato per anni da certa retorica progressista come il “modello Riace”, si infrange oggi contro la dura realtà dei numeri: oltre 3 milioni di euro di debiti accertati, una gestione opaca delle risorse pubbliche e la prospettiva concreta che a pagare il prezzo siano i cittadini.

La richiesta del Ministero dell’Interno

Il Ministero dell’Interno ha chiesto ufficialmente la restituzione di 3.323.595,47 euro, somma che riguarda il progetto di accoglienza per immigrati guidato da Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace. A questa cifra si aggiungono altri 69.751,21 euro legati al progetto per minori stranieri non accompagnati (Msna). Il tutto, secondo quanto riportato da una comunicazione ufficiale inviata dal Viminale al Comune, aggravato dalla mancata rendicontazione delle spese per gli anni 2017 e 2018.

Un conto che ricade sui cittadini

Il risultato è chiaro: nessun nuovo progetto sarà approvato e la somma dovrà essere restituita. Se le casse comunali non potranno coprire il debito, saranno i contribuenti a pagare, ancora una volta, per un sistema che ha confuso accoglienza con gestione ideologica e, secondo le accuse, talvolta persino clientelare.

La caduta simbolica di Lucano

La parabola discendente di Lucano — passato da paladino dell’accoglienza a figura controversa della politica italiana — si è compiuta con la sua decadenza da sindaco, sancita dal tribunale di Locri. Una fine simbolica per un’esperienza che, nel tempo, ha mostrato più ombre che luci.

Modello Riace: Dall’utopia alla realtà

L’esperienza di Riace, oggi, appare come un manifesto fallito di un’utopia trasformata in ideologia. Il principio dell’accoglienza, nobile in sé, è stato declinato in modo emotivo, impulsivo, a tratti perfino disinvolto nei confronti delle regole. La convinzione — per alcuni, quasi religiosa — che l’accoglienza vada garantita a ogni costo ha oscurato un aspetto fondamentale: la gestione delle risorse pubbliche impone rigore, trasparenza e responsabilità.

Il nodo della sostenibilità

Il problema non è accogliere. Il problema è come si accoglie, con quali mezzi, con quali garanzie, e soprattutto con quali ricadute sulle comunità locali. Un Comune come Riace, piccolo, economicamente fragile, non poteva reggere il peso di un progetto così ampio senza un sistema di controllo serio. La retorica dell’altruismo non basta a tenere in piedi i bilanci. Quando l’accoglienza si fonda su un’illusione contabile e una struttura amministrativa traballante, prima o poi il conto arriva. E in questo caso, è salatissimo.

Una lezione per tutti

La vicenda di Mimmo Lucano offre una lezione più ampia, non solo a chi amministra, ma anche a chi racconta e promuove modelli alternativi di convivenza: non basta avere buone intenzioni. Serve concretezza. Serve il coraggio di misurarsi con i limiti, con i numeri, con le verifiche, con il rispetto della legalità. L’errore più grave, e purtroppo frequente, è quello di confondere il rispetto per la persona con il disprezzo delle regole. Ma quando si violano queste ultime, si danneggiano anche le prime.

Accoglienza sì, ma con rigore

La politica dell’accoglienza dovrebbe essere seria, selettiva e sostenibile. Significa dire sì a chi fugge realmente dalla guerra o dalla fame, ma anche dire no a chi approfitta del sistema. Significa integrare davvero, non solo ospitare. E soprattutto, significa non scaricare i costi morali e materiali sulle spalle dei cittadini, già alle prese con mille difficoltà quotidiane.

La voce dei veri socialisti

E cosa avrebbero detto i veri socialisti? Di certo non avrebbero applaudito una gestione approssimativa e fuori controllo come quella di Riace. Pietro Nenni, padre nobile del socialismo italiano, difendeva la giustizia sociale ma anche lo Stato di diritto, e mai avrebbe accettato che il solidarismo si trasformasse in abuso. Giuseppe Di Martino, socialista riformista e meridionalista autentico, avrebbe chiesto equità, efficienza, e soprattutto rispetto per le comunità locali. Bettino Craxi, che tanto parlava di socialismo responsabile e moderno, avrebbe denunciato l’uso ideologico della povertà e l’ipocrisia del buonismo assistenzialista. E Domenico Susi, uomo delle istituzioni e socialista pragmatico, avrebbe ricordato che la solidarietà, per essere vera, deve camminare sulle gambe della legalità e della responsabilità amministrativa.

Modello Riace: Il simbolo rovesciato

Riace ha voluto essere un simbolo. Lo è diventato, ma in senso opposto a quello sperato. È il simbolo di quanto possa essere pericoloso un modello che mette l’ideologia prima della realtà. E oggi, a pagare, sono proprio quei cittadini che avrebbero dovuto essere i primi beneficiari di uno sviluppo equilibrato e inclusivo.

L’accoglienza non è buonismo “Modello Riace”

In definitiva, l’accoglienza non può essere confusa con il buonismo, proprio perché le vite delle persone — migranti o italiani — non sono slogan. Sono fatte di concretezza, di bisogni, di doveri, di diritti. E l’unico modo per onorarli davvero è affrontare questi temi con serietà, non con superficialità o sentimentalismo. L’accoglienza vera è quella che non inganna nessuno, che non promette ciò che non può mantenere e che non lascia nessuno indietro — né chi arriva, né chi c’era già.

di Carlo Di Stanislao

La Redazione de La Dolce Vita
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