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NOI E L’ISLAM, CRITICHE AD ORIENTE

ISLAM 1

L’ultima uscita del presidente americano Obama che “… durante le Crociate e l’Inquisizione la gente ha commesso atti terribili in nome di Cristo e la schiavitù è stata troppo spesso giustificata nel nome di Cristo e… coloro che perpetrano la violenza e il terrore sostenendo di farlo nel nome dell’Islam, in realtà tradiscono l’Islam…” ha ridotto sullo stesso piano realtà storiche diverse e in un certo senso offeso ogni credente cristiano negli Stati Uniti. E non dimentichiamo che Obama è di famiglia islamica, il suo secondo nome è Hussein, ha un fratellastro Malik Obama che è un sostenitore dei fratelli musulmani che si sono infiltrati nella sua amministrazione. Il problema è che nel Corano convivono precetti ed anime diverse e contraddittorie. Ci sono sure che invitano alla pace e alla convivenza come ci sono sure come quella 8, 12-7 ove “…getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi…Non siete certo voi che li avete uccisi è Allah che li ha uccisi…”. D’altronde è sempre in auge l’atavica guerra entro l’Islam tra la maggioranza sunnita e la minoranza sciita. Basta vedere il discendente di Maometto re Abdallah di Giordania, sangue arabo, europeo ed ebraico che vuole fare a pezzi il califfato dell’Isis. Con una Europa che oramai ha appaltato a questo rappresentante l’unica possibilità oppositrice. Il non aver attuato da anni una politica estera più attenta verso i paesi orientali da parte di un Occidente riottoso e frammentato proteso più alla risoluzione di egemonia intestine che ad una pianificazione interculturale più regolamentata conduce oggi il più grande rappresentante della civiltà occidentale in nome di quell’”orgoglio americano” a vistosi dietro-front come nel caso della dichiarata guerra all’Isis del presidente Obama dopo che questo lo ha foraggiato con armi nella lotta contro il siriano Assad. Come lo stesso presidente ha processato se stesso per le torture (water-boarding) della CIA, pur sapendo che a un duello con le pistole non ci si presenta con un coltello, mentre i terroristi fanno stragi e gli “vendono” per un milione di dollari il cadavere del giornalista ucciso James Foley cercando di ottenere col morto ciò che non hanno avuto col vivo, come Sarkozy nella guerra contro Gheddafi. Noi cristiani non abbiamo nel nostro DNA spirituale, col perdono e la misericordia, istinti di tale violenza, della legge del taglione, della diversa considerazione di genere e pertanto un dialogo può ancora essere possibile con quell’Islam integrato e volenteroso ma non dobbiamo avere quella superbia e arroganza che invade, con la scusante della supremazia civile assunti usi e costumi millenari di altre civiltà. Non dobbiamo “esportare” modelli occidentali che confliggono con storie diverse, avendo la pretesa di una maggiore democrazia e benessere (in realtà per meri interessi economici) né dobbiamo ridicolizzarle con una satira inopportuna. La natura umana non è assolutamente buona, altruista, come testimoniava Hobbes nel suo “homo homini lupus”. Se l’uomo è un animale sociale è solo perché sa che deve attenersi alle regole del contesto per trarne i massimi benefici soprattutto per sè, non per gli altri. Ma ahimè viviamo un’era in cui le regole, qualunque siano, sono state abbattute da un qualunquismo relativista che non ha confini, come se la lettura di leggi secolari venga interpretata secondo esegesi del tutto personali e coniate al momento non rispettando storia e tradizioni e sfociando in un “golem” di barbarie autodistruttive. Non sono bastate le vittime dei due conflitti mondiali (80 milioni) a farci comprendere come le guerre difficilmente risolvono i problemi della convivenza fra le diverse aggregazioni umane. Organizzazioni come l’ONU, nata dalle ceneri del più recente conflitto mondiale con lo scopo di una maggiore cooperazione fra le nazioni si è rivelata del tutto inutile, quandanche dannosa, viste le numerose attuali attività belliche in atto. Il vero problema è nella egemonia del potere politico economico sempre conflittuale fra le varie nazioni. La regola è la “prevalenza” non la “condivisione”! E se siamo usi a questa regola perché dovremmo stupirci dei suoi effetti collaterali ove il “disprezzo” dei valori e della vita dell’altro rappresenta il mantra fondamentale? Osservare tutti quei capi di stato così accomunati, ma diversi nelle loro etiche governative, nella piazza di Parigi dopo la strage terroristica nella redazione di Charlie Hebdo evoca solo un istinto di autoconservazione dello “status quo” ove da una parte sola sfilano le vittime, gli offesi, i baluardi delle libertà, i “non ci sto”, i difensori della divisione fra la civiltà e il terrore, i negazionisti del passaggio da un multiculturalismo ad un interculturalismo, gli assetati delle commesse vantaggiose per i propri paesi pur sapendo con chi stanno trattando, i costruttori di arsenali di armi pronti all’uso commerciale. Come se i promotori del sesso libero si autocommiserassero quando colpiti dall’HIV. E la cosa più avvilente è che il nostro modo di reagire non è altro che il segno di una decadenza inarrestabile della nostra civiltà che ha perso la “spinta” evolutiva, l’innovazione, causa la perdita di “coraggio” nel difendere i valori più preziosi della umana convivenza. Ad implementare questa dolorosa presa di coscienza c’è anche quella nostra cieca volontà di non guardare la storia, di essere pervasi da un negazionismo a senso unico, di non prestare adeguata attenzione a chi certi argomenti li aveva già affrontati e non mi rivolgo alle preconizzazioni e alla forza letteraria della Fallaci per l’altro fronte ma alla denuncia delle nostre carenze di occidentali nel decriptare usanze non proprie scritta dal grande dissidente, premio Nobel nel 1970, Aleksandr Solzenicyn che attraverso i suoi testi ha fatto conoscere al mondo i Gulag, i campi di lavoro forzato per i dissidenti del sistema sovietico. Un presagio decadente di circa 40anni fa senza l’attuale nichilismo di un Houellebecq nel suo “Sottomissione”. Nell’inedito “Il mio grido” il grande storico scrittore spiega i contrasti le violazioni della sicurezza e l’ascesa del terrore. Afferma che la “spaccatura del mondo” nelle sue molteplici divisioni recano un pericolo di un rischio mortale per noi tutti in accordo con “l’antica verità per la quale qualsiasi regno diviso (primo, secondo, terzo mondo e così via) contro se stesso (la nostra terra) non può reggersi in piedi”. Bollato come anti-occidentale lo scrittore chiarisce invece il suo affetto verso una cultura non sua e dell’Occidente coglie snodi con sbalorditivo anticipo e l’impossibilità a comprendere la Russia con i nostri occhi è cronaca odierna. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 si poneva fine a quella guerra chiamata “fredda”, della lotta contro il comunismo, ma non era finita l’altra guerra, ancora attuale, dell’Europa contro Mosca, un’ Europa liquida ed assente priva di coesione, e viva solo per alcuni nazionalismi incapace di comprendere che dovremmo tenerci stretta l’alleanza con la Russia di radici cristiane, per ragioni di sopravvivenza, ancor prima che di economia in un momento in cui siamo attaccati dagli islamici in modo violento con l’Isis che annuncia lo sbarco a Roma, il bombardamento della Sicilia con i villaggi musulmani della Bosnia che già sventolano le bandiere dell’esercito islamico con il tagliagole che ci circondano e ci minacciano. E allora rilevava “uno smarrimento di coraggio evidente nelle èlite al potere e negli intellettualie quando un governo inizia la lotta contro il terrorismo, la pubblica opinione l’accusa di violare i diritti civili dei terroristi”. E coglie il limite invalicabile di una società che si affida pedissequamente alle regole giuridiche come segno di una fine del rispetto della dignità dell’essere umano nella sua interezza. E condanna quello “slogan bugiardo per un secolo bugiardo” sul diritto di tutti a sapere tutto: falso non per oscurantismo, ma perché “…chi lavora e conduce una vita davvero piena non ha alcun bisogno di questa pletora eccessiva d’informazioni abbrutenti…” ed ancora “…ci sono avvertimenti che la storia invia a una società minacciata o in procinto di perire: ad esempio la decadenza delle arti o la mancanza di grandi uomini di Stato… e tuttavia nessun armamento non importa quanto potente potrà soccorrere l’Occidente finché questo non avrà superato la sua mancanza di volontà. Per difendersi, bisogna anche essere pronti a morire; ma questa disponibilità è piuttosto rara in una società cresciuta nel culto del benessere materiale, restano solo le concessioni, i temporeggiamenti e i tradimenti. Il pensiero occidentale è diventato conservatore: purché nulla cambi, purché la situazione mondiale non muti assetto.  Il sogno debilitante dello “statu quo” è il sintomo di una società che è giunta al termine del suo sviluppo. Ma bisogna essere ciechi per non vedere che gli oceani hanno smesso di appartenere all’Occidente che il terreno posto sotto il suo dominio continua a contrarsi… Ciò implica che l’errore debba essere alla radice stessa, alla base del pensiero dei secoli passati. Mi riferisco alla visione occidentale dominante nel mondo che nasce all’epoca del Rinascimento e che trova la sua espressione politica partire dall’Illuminismo. Esso è alla base delle scienze politiche delle scienze sociali e la si potrebbe definire umanesimo razionalista o autonomia umanistica: l’autonomia proclamata ed effettiva di un uomo da qualsiasi forza superiore a lui”. Il ventre molle della nostra democrazia, sempre più liquida, prova a mettere solo pezze ad un vestito logoro con gli hacker di “Anonymous” che intervengono prima del governo italiano a ”troncare” la vitale propaganda sul web dei jihadisti contro la loro spia virale”Trojan”, con una lotta al terrore fatta con gli stessi metodi da mattanza fatta con droni dall’alto senza sporcarsi le mani e non  chiudendo gli  accessi all’istruzione a chi potrebbe farne un uso indesiderato, filtrare una immigrazione “più meritevole” di albergo e distinguere nelle moschee chi fa ramadàn da chi diffonde idee sanguinarie. Da aggiungere per chiosare, la beffa che l’Italia tramite la Cooperazione italiana allo Sviluppo ha erogato un milione di euro per finanziare progetti con  ben sette università palestinesi (Al Quds, Arab-American, Hebron, Al Azhar, An-Najah etc.) che alimentano il culto del terrorismo( progetto E-Plus). Qualche esempio: l’università di An-Najah  nel 2001 ha ospitato la mostra che esaltava il terrorismo suicida ed è anche conosciuta per l’attivismo della cellula studentesca “Palestine Islamic Block” tesa a diffondere l’ideologia stragista. Per fortuna tuttavia il mondo islamico è in gran parte diverso e più dialogante con la nostra cultura e dove i musulmani si sono integrati nei territori occidentali non ci sono grosse incomprensioni fra le nostre leggi e le loro. In Gran Bretagna ad esempio gli imam hanno denunciato la loro completa condanna ed estraneità alle organizzazioni terroristiche dei califfati anche perché da queste parti se fanno “proselitismo inopportuno” vengono condannati e imprigionati. Come afferma Scruton, filosofo inglese, nel suo “suicidio dell’Occidente”, non può esserci civiltà senza che essa affondi le sue radici in una cultura e se questa che viviamo   viene pervasa da tale impressionante nichilismo non andremo molto lontano.

FALLACI