Comparso sulla Terra milioni di anni fa questo mollusco marino è uno degli alimenti più “longevi” che si conoscano; un esemplare trovato in un sito archeologico in Gran Bretagna è stato datato risalente a circa 145 milioni di anni fa e al suo interno potrebbe esserci la perla più grande del mondo… ma nessuno la vuole aprire. I numerosi scienziati britannici interpellati per il momento si sono astenuti dall’aprirla per paura di romperla e perdere questo prezioso tesoro con valore scientifico (ed economico) straordinario, risalente al periodo Triassico (circa 200 milioni di anni fa). Dieci volte più grande delle sue attuali discendenti, è stata recuperata da un pescatore impigliata nelle proprie reti e, resosi conto dell’importanza del ritrovamento, consegnata all’acquario di Portshouth: qui la conchiglia è stata immediatamente rimessa a bagno nell’acqua di mare per evitarne il deterioramento.
Sottoposta a una risonanza magnetica si è rilevato al suo interno la presenza di un corpo tondeggiante grande come una palla da golf: la perla più grossa mai scoperta fino ad oggi. Dal punto di vista nutrizionale, 100 grammi di parte edibile (carni) contengono 0.9 g di grassi, 10.8 g di proteine, calcio: 190 mg, ferro: 7 mg, fosforo: 270 mg, potassio: 260 mg, rame: 7.6 mg, sodio: 510 mg, zinco: 45 mg, vitamina B1 (0.10 mg) e B2 (0.20 mg) e C in tracce per un totale di 200 calorie. Sicuramente sono stati i cinesi a utilizzare per primi questo alimento ricco di elementi nutritivi che lo hanno reso sempre più “appetibile” e ricercato. Successivamente sono stati gli antichi greci a farne un uso quasi industriale tanto era l’interesse per questo prodotto a cui gli elleni attribuivano (non a torto) proprietà afrodisiache, per questo chiamato cibo degli dei.
Dall’antica Grecia ai romani il passo è breve e proprio durante l’impero di Nerone che le il consumo di ostriche raggiunge il massimo della diffusione: non c’era banchetto patrizio dove non si consumavano quintali e quintali di questo prodotto e la produzione in loco non bastava più per poter “accontentare” l’imperatore ed i suoi ospiti e quindi giungevano continuamente navi dalla Bretagna cariche di ostriche che venivo stipate e tenute fresche con acqua di mare e ghiaccio. Tanta era l’importanza raggiunto da questo mollusco che i gusci di ostriche venivano usati in Senato per votare, utilizzate come schede elettorali, da ciò deriva il termine “ostracismo” (allontanamento, cacciata, bando, espulsione, esilio). Questa forte richiesta di ostriche fece sì che in Bretagna iniziassero le prime ostricolture che hanno poi portato la Francia (e soprattutto tutta la zona a ridosso dell’oceano Atlantico) ad essere oggi uno degli insediamenti più importanti del nostro continente. In cattività le ostriche possono vivere circa venti anni ma già dopo il primo anno inizia il suo ciclo riproduttivo, sono ermafroditi e cambiano sesso maturando (più esattamente sono “protandri”: possono cambiare da maschio a femmina nel corso della vita), dapprima come maschi e poi come femmine, la riproduzione dipende dalla temperatura e dalla salinità dell’acqua.
Le ostriche dopo il primo anno presentano caratteristiche maschili e appena la temperatura dell’acqua è ottimale (20° C) rilasciano lo sperma, quelle più adulte (da 3 anni in su), dopo aver accumulato le riserve di energia necessarie, iniziano a rilasciare le uova; l’enorme quantità di sperma e uova rilasciate conferisce all’acqua circostante un aspetto lattiginoso, si mescolano per concimare l’acqua ed iniziano a svilupparsi le larve (circa 6 ore); dopo un paio di settimane di vita pelagica trovano il posto appropriato dove insediarsi: in una struttura rigida come un altro guscio di ostrica o un habitat roccioso del fondo marino. Le ostriche naturali sono diploidi (hanno due serie di cromosomi provenienti rispettivamente dal padre e dalla madre), devono avere almeno tre anni per produrre le uova e lo fanno in un periodo stagionale (primavera/estate). Oggi, affinando le ricerche sulla produzione, negli allevamenti si “innesta” all’interno dell’ostrica un terzo cromosoma (ostrica triploide) che rende il mollusco sterile ma lo fa crescere più velocemente e, non producendo uova, può essere commercializzato dopo solo 18 mesi e durante tutto l’anno, per questo è chiamata “ostrica delle 4 stagioni”. Le ostriche sono gli architetti delle scogliere, delle baie e degli ecosistemi marini che le ospitano e le proteggono durante le diverse fasi della loro crescita. Utili indicatori delle condizioni ambientali dei litorali, questi molluschi svolgono una preziosa funzione di filtro delle acque. Le ostriche sono inoltre l’espressione perfetta del loro territorio: acquisiscono un sapore specifico a seconda del tenore in sale, della temperatura dell’acqua, della natura del fondale, dell’estensione delle maree e della forza delle correnti marine.
Il primo che regolamentò la produzione delle ostriche fu Napoleone III che nel 1860 diede l’incarico allo studioso Victor Coste di programmare la produzione e la raccolta per evitare il depauperamento delle coste, queste norme sono valide ancora oggi: non possono essere coltivate più di 4.000 ostriche per ettaro e tutte debbono essere allevate in mare. La formazione della perla (quando avviene spontaneamente) è una forma di difesa del mollusco contro gli agenti esterni potenzialmente irritanti per i suoi tessuti: quando un parassita o un pezzo di conchiglia riesce a entrare tra le valve dell’ostrica, viene immediatamente ricoperto da strati successivi di madreperla così da isolarlo. A questi si sovrappongono poi svariati strati di calcio e altri minerali che creano il prezioso gioiello biologico. La più grande perla tonda naturale è stata valutata 350.000 euro. Del diametro di 17,4 millimetri, 33.147 carati pesa 132,59 grani (antico sistema di peso delle perle) equivalente a 5,3 grammi. È molto difficile (se non impossibile) dire con certezza se una perla sia coltivata o naturale solo guardandola, solo un attento esame ai raggi X può dare la certezza al 100%.