ll codice civile, attraverso molteplici disposizioni, statuisce che i genitori sono tenuti a far fronte alle diverse esigenze dei figli, che comprendono sia quelle alimentari che quelle abitative, scolastiche, sportive, mediche e così via. In particolare l’art. 147 del codice civile, dispone che ambedue i genitori hanno l’obbligo di mantenere, istruire, educare ed assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. L’art. 315 bis c.c. dispone di converso il diritto dei figli ad essere mantenuti, istruiti, educati ed assistiti moralmente dai genitori nel rispetto delle loro capacità ed inclinazioni naturali. Detti precetti, all’interno di una famiglia unita sono più semplici da rispettare in quanto i genitori concordano tra loro, nel quotidiano, le decisioni e le spese da affrontare per i figli, contribuendo ognuno secondo le proprie possibilità. La situazione, invece, cambia nelle ipotesi di separazione, dove inevitabilmente la distribuzione e la condivisione degli obblighi gentitoriali risulta più complessa. Sull’argomento l’art. 337-ter del codice civile, (già art. 155), detta alcune regole che possono risultare utili in caso di mancanza di accordo dei genitori in ordine alle modalità di attuazione degli obblighi verso i figli, prevedendo che sia il giudice a stabilirle vagliando il singolo caso con l’attribuzione del potere di disporre, ove necessario, alla corresponsione di un assegno periodico di mantenimento per realizzare il principio di proporzionalità, tenendo conto delle attuali esigenze del figlio; del tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; dei tempi di permanenza presso ciascun genitore; delle risorse economiche dei genitori; della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. Come tutti sappiamo oggi il sistema più comune per ripartire tra i genitori separati l’obbligo di mantenimento è quello di prevedere a carico di un genitore un contributo per le spese ordinarie (versato al genitore convivente con il figlio) ed una quota a carico di ciascun genitore per le spese straordinarie. Il nostro codice civile non dice nulla sui possibili caratteri distintivi delle due tipologie di spese e, pertanto, bisogna ricorrere all’ausilio della giurisprudenza la quale, attualmente, nel suo orientamento maggioritario, riconosce che le spese ordinarie sono sostanzialmente quelle destinate ai bisogni quotidiani del minore, mentre le spese straordinarie sono quelle necessarie a far fronte ad eventi non costanti nella vita dei figli, quindi imprevedibili, e in ogni caso non rientranti nelle normali consuetudini di vita o non qualificabili e determinabili in anticipo, ed altresì di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori. Infatti, le spese ordinarie, che sono legate maggiormente ai bisogni di mantenimento, educazione, svago, ma anche mediche e scolastiche, possono essere sostenute con la previsione dell’obbligo di pagamento di un contributo di mantenimento espresso in un ammontare determinato, mentre le esigenze connesse al tenore di vita nelle differenziate condizioni economiche familiari come un particolare corso di studi, un tipo di vacanza, uno sport, un intervento chirurgico, possono essere soddisfatte ponendo un ulteriore contributo a carico di entrambe i genitori che può essere calcolato proporzionandolo alla diversa situazione reddituale degli stessi (c.d. spese straordinarie). La giurisprudenza, pertanto, ci chiarisce come non sia la tipologia di spesa a fare la differenza tra quelle ordinarie e quelle straordinarie, quanto la modalità con cui la spesa si presenta nel corso della vita dei figli.
QUALI SONO LE SPESE STRAORDINARIE PER I FIGLI?
