
La pandemia da coronavirus ci ha letteralmente “stravolti” mettendo a dura prova le nostre economie che ne escono a pezzi; il nostro stile di vita schiavo anche di abitudini “incorrette” ma di punto in bianco ritrovatosi senza un “hardware” che funzioni per dirla in digitale moderno; il nostro lavoro quotidiano ha subito bruschi impedimenti, vie alternative o strane devianze; le nostre relazioni sociali non piu’ libere ma irrigimentate secondo editti governativi spesso caotici, tendenzialmente confuse dalla “bisogna”. In questo nuovo “humus” minaccioso decisamente isolante, ci si e’ riversati, ancora di piu’, nelle “App” di comunicazione “social” (WA, Facebook, Instagram, Snapchat) per essere continuamente connessi e restare aggiornati. Sicche’ oltre al fluire di messaggi ironico-cabarettistici sulla sventura, utili a risollevare lo spirito come gia’ scritto da Giordano Bruno “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”, il web si e’fatto testimone di appelli, confessioni, esperienze vissute in questa tragica evenienza, dal medico in trincea che lamenta la carenza e talora l’inefficacia dei DPI forniti o l’estremo stress lavorativo cui e’sottoposto, ai bollettini dei contagi e dei decessi nei vari Paesi del mondo, ai consigli spicci precauzionali di come proteggersi dal contagio, agli inviti alla preghiera di gruppo, alle denunce di malaccortezza governativo-burocratica che certamente non hanno aiutato i cittadini in difficolta’, alle teorie teologico-eteroteliche o a quelle biologico-complottistiche. Nel mio piccolo anch’io vorrei testimoniare l’ “impact factor” subito ma, concedetemi, non amo farlo sui “social” in forma vocale o messaggistica, anche perche’ non sono iscritto a queste piattaforme, bensi’ in forma di “lettera scritta” da spedire vie e-mail ai miei amici piu’cari che condividono con me quelle che Emile Zola definiva “affinita’ elettive”. In pratica molto “privato” e poco “pubblico”, non perche’ io ami disperatamente la “privacy”, semplicemente perche’ il pubblico del web mi spaventa per la superficialita’ e le possibili reazioni inopportune ed indesiderate da misinterpretazioni che pullulano in questo alveo polimorfo e imprevedibile. Ho raggiunto con mia moglie mia figlia che vive e lavora ad Amburgo, nel momento cruciale della sua partorienza, dando alla luce una bambina stupenda, mi si passi la partigianeria affettuosa dell’eufemismo. E come ogni medico ho vissuto l’ansia del parto per le sue possibili complicanze, grazie a Dio non verificatesi. Certo la nascita della prima nipotina e’ un’opportunita’ che ti tocca profondamente nel cuore, ti fa dimenticare come d’incanto lo sconforto di questi giorni anche se l’evento e’ stato funestato da una sanita’ teutonica che, pur nella bravura dei suoi operatori, e’ stata francamente immune da quella umanita’ tipicamente italica e che ha vietato al “neopadre”, pur con i necessari dispositivi igienico-precauzionali, di assistere o vedere la bambina se non dopo che questa, insieme alla madre, fosse tornata a casa. Per non dire dell’assistenza ostetrico-pediatrica, prevista con interventi domiciliari ed esitata solo on-line e a mezzo di videochiamata. E devo dire, anche con una certa sorpresa, quanto mia figlia sia stata “forte” nell’affrontare il travaglio, il parto e il post-partum, totalmente isolata. E passata la festa ho subito realizzato in che condizioni ero venuto a trovarmi: “recluso” in Germania con voli verso Roma cancellati ed attualmente impossibilitato nel ritorno verso casa e al mio lavoro di medico ospedaliero. Pensavo fosse difficile l’arrivo in questo Paese, non che fosse impossibile uscirne. Rimasto cosi’ in trepida attesa che compaia sullo screen del laptop il primo posto disponibile di un volo Amburgo-Roma, vivendo quella triste condizione definita “arresti domiciliari” che presume un reato maggiore di quelli gia’abbondantemente depenalizzati. Comunque ho avuto la fortuna di avere, fra gli altri libri portati appresso, l’ultimo di Marcello Veneziani “Dispera bene” che ho letto attentamente perche’ il filosofo saggista ha una pecualiarita’ che riconosco in pochi scrittori e che apprezzo moltissimo in quanto segno di “seriosa cultura”: l’estrema ricchezza delle parole e termini che utilizza come un’armoniosa coreografia nell’esprimere concetti inequivocabilmnte limpidi perche’ come diceva Charles Peguy “Solo i teorici della chiarezza scrivono libri torbidi” e questo non lo e’! Non solo ma ha toccato gran parte dei problemi della nostra decadenza civile ridando forza e conforto a tanti spiragli di luce che su suo consiglio dovremmo avere l’accortezza di seguire per rimanere sempre consapevoli ma meno afflitti. Nella nostra epoca, descrive, e’venuta meno la “speranza” che le cose possano durare (visione conservatrice) ed e’ venuta meno la speranza che le cose possano cambiare (visone progressista). E distigue la “Speranza” che presume l’incertezza, non si fonda sulla verita’ ma nell’auspicio di una vaga possibilita’, dalla “Disperazione” che e’ piu’ solida, meno illusoria ma che liberandoti dai lacci del conformismo puo’ raggiungere il “dono insperato” della verita’ e come diceva Eraclito “Chi non spera l’insperato non lo trovera’”. Julius Evola, ultimo erede dello stoicismo, diceva “Fa in modo che cio’ su cui non puoi nulla, nulla possa su di te” massima che riporta al senso del limite senza indurre alla rassegnazione. Ed irride la domanda se si e’ pessimisti o ottimisti. Malroux parlo’ di “pessimismo attivo” e Mounier di “ottimismo tragico” a conferma che i due termini rappresentano solo stati d’animo soggettivi che falsano la realta’ come la visione attraverso una lente scura o rosa. Non e’importante stabilire il livello del bicchiere mezzo pieno o vuoto, l’importante e’ il contenuto versato. La vita in “bianco e nero” e’ triste, manichea, intollerante, rigorosa, anche decorosa, la vita “a colori“ e’ varia, vivace anche se talvolta banale e la vita e’ nei colori non ai suoi estremi. Ma come si svolge questo suo “Manuale di consolazione”? Per prima cosa abbiamo tante ragioni per non sperare ma non c’e’ motivo di considerarci l’ultima generazione al mondo e la piu’sfortunata in assoluto. Certo il futuro piu’ che popolato da sogni sembra piu’ ricco di problemi con l’unica voce della “tecnologia-mercato” e senza riferimenti a valori un tempo dominanti come stroia, cultura, arte, religione. Del declino cristiano, morale, demografico, famigliare non se ne occupa piu’nessuno neanche la Chiesa la cui priorita’ e’ l’accoglienza di chi viene da fuori non i disagi di chi vive dentro. Un nuovo “Umanesimo” incentrato sui migranti e sull’ambiente, una “Religione dell’umanita’” molto affine al pensiero del filosofo positivista Auguste Comte: conoscenza scientifica al posto della metafisica! Un nuovo umanesimo che cancella l’identita’, rimuove le origini e le appartenenze, esorta a violare i limiti e a varcare i confini, a far valere i desideri sulla realta’, i diritti sui doveri, il proprio ego sui legami sociali. Tutto diventato “liquido” ma c’e’ sempre qualcosa che resiste perche’ anche l’acqua ha la sua memoria nei corpi cui viene a contatto e riemergono anche terre sommerse: la Natura e il suo ordine, identita’, nazioni, territori ritrovati, pervasi da un’energia chiamata “spirito” o anima che fa parte di noi oltre l’acqua, carne ed ossa. Bisogna essere “disperatamente positivi”. Come? Non affrontando le minacce tutte insieme ma una alla volta; chiedendosi se andra’ realmente cosi’ o se potra’ andare diversamente ricordando l’eterogenesi dei fini per aprirsi all’imprevedibile; verificando se si puo’ fare qualcosa per arginare o no il danno non sprecando inutilmente energie (spirito stoico); chiedersi se la sventura che avra’ luogo colpira’ i viventi di oggi o quelli futuri: perche’ preoccuparsi troppo e preventivamente di minacce che non ci toccheranno? Oggi la “Paura” prevale sulla “Speranza” ma Spinoza diffidava di entrambe perche’ si affidano a fattori esterni o a pulsioni interne ed indicava la “Filosofia”come rimedio perche’ ci rende indipendenti dalla speranza, ci libera dalla paura per renderci ubbidienti al “Destino” nel rispetto dell’ “Amor fati”. Anche la “Disperazione” le nega entrambe in quanto e’piu’autarchica, non si aspetta e non chiede niente ma ci rende piu‘ liberi come la verita’. Bisogna inoltre darsi una nuova “Igiene di vita” come il distacco dalle cose spiacevoli, guardandole dall’alto, illuminare i giorni con riti, simboli, cerimonie, saluti, marcare i limiti con accessi e dievieti, nuova scala di priorita’ ”essenziale-necessaria-utile-accessoria-superflua” e poi non far passare un giorno senza aver fatto qualcosa che mai avresti ritenuto di saper-voler-poter fare, “Nulla dies sine nova linea”. Ma oltre l’affetto vicario verso un animale: un libro, un film, una musica, una mostra, una religione, un’associazione, un’avventura no?? Tanto per rientare nel novero della differenza fra “Piacere” e “Beatitudine”: il piacere e’ un passaggio, un cambiamento di stato come dalla sete al dissetarsi o dall’eccitazione all’orgasmo, dipende da un fattore esterno; la beatitudine sorge dall’indipendenza ed e’ uno stato di pienezza di liberta’. Quindi facciamoci bastare la nostra vita, il mondo, la realta’, non sognare di essere altro di quel che siamo. Disperare si’ ma mai perdere la fiducia! Altro consiglio: evitare la “politica”! La politica, come diventata oggi, e’ un mondo brutto, di stampo mafioso, fondato sull’organizzazione della malafede e sull’oltraggio sistematico alla verita’ e alla qualita’. La decadenza dei politici rientra nel degrado piu’ generale delle classi dirigenti: vince il demerito, l’ignoranza e’ quasi una virtu’ ed il raggiro il suo mestiere. Chi occupa il potere non e’ dalla tua parte ma solo dalla sua perche’ ha rimosso sia l’onesta’ che l’onore e Pittaco diceva “Se vuoi conoscere la natura di un uomo devi dargli un grande potere”. Abolire la politica e’surreale, sia come governo dei “delegati”, sia come governo del “popolo” il che puo’ essere anche peggio per la sua regola dell’ “uno vale uno”. Ma il “sottrarsi alla politica” il piu’possibile e’ ragionevole e sensato perche’ stiamo oggi assistendo ad una sua tipica rappresentazione, spettacolo inverecondo e abominevole: in questa fase pandemico-emergenziale tutti, nessuno escluso, continuano a portare acqua al proprio mulino, nel nome di un potere che da individuale si fa transnazionale in un vortice decisionale da cui esce sempre e comunque la regola “Prima i kazzimiei”. Altro che solidarieta’, comunanza di intenti, fusione maggioranza-opposizione. Completa rimozione del patto sociale fra “ideologia dominante” e “comune sentire”! Il risultato? Impossibilita’ a scegliere da che parte stare!! Da un lato gli “Insider”, la classe dominante, l’establishment che considera secondario il consenso popolare, egoisti oltre i limiti, dall’altro gli “Outsider”, definiti impropriamente populisti, massa, plebe cresciuta allo stato brado in una societa’ che scambia i diritti con i desideri, in ringhiosa solitudine ma interconnessi, facendo valere la loro ignoranza come una virtu’ contro ogni competenza e che pretende di dettare legge. Col voto poi decidiamo pochissimo ed allora perche’ lo facciamo? Qui subentra il refolo di speranza di chi partecipa e la disperazione di chi si astiene, ma votanti e astenuti vivrebbero meglio se non si aspettassero nulla dalla loro scelta andando alla ricerca di quello stato di “Sublimazione”, alla base del progresso delle civilta’, che incanala diversamente e piu’proficuamente le energie prima utilizzate nell’alveo politico. Dove? In altri ambiti sociali, professionali, creativi, e non e’vero che tirandosi fuori dalla politica le cose precipiterebbero come dimostra il buon andamento politico-economico di quei Paesi che sono rimasti per un tempo senza governo. E non dimentichiamo che nelle democrazie le grandi decisioni sono prese altrove, nei potentati che dominano senza input politici. La politica da “Rimedio”, nota Veneziani, si rivela oramai “Veleno” per cui l’imperativo e’ ridurne le dosi! Nell’impossibilita’di fronteggiare cupole e plebe creiamo selettive consonanze, conventicole, cenacoli, comunita’ per mettere in salvo il nucleo dei valori (pensiero, tradizione, sacro) di una civilta’ in decomposizione, in analogia a quanto succede oggi in Italia che strozzata da debito propone addirittura di intaccare la riserva del suo nucleo aureo. Incredibile! Ed e’ questo un “buen retiro”. Davanti al naufragio della fede e del pensiero molti si rifugiano nella scienza e nelle sue scoperte cercando lumi e scavalcando speranza e disperazione con gli “astrofisici” che sono i nuovi “opinion maker” globali. Il fisico Federico Faggin inventore del “touchscreen” ammette “ne hanno capito piu’ i mistici degli scienziati…il mondo interiore controlla il mondo esteriore…se ci convinciamo di essere macchine, finiamo per diventare macchine, riducendo l’Universo a formule matematiche senza senso…voglio esplorare una verita’ piu’ vasta, spirituale, ancora sconosciuta” e come tanti altri scienziati, come Blaise Pascal, si e’ reso conto che se non puo’ dimostrare l’esistenza di Dio non ha nemmeno la possibilita’ di negarlo e solo quando si arriva ai confini dello scibile si scopre l’infinita’ dell’ “Ignoto”. Ed infine il saggio Marcello ci ricorda che abbiamo solo questa vita ed un tempo unico, “lineare” come una freccia con inizio e fine o “circolare” con le sue perpetue ripetizioni di alti e bassi, allora utilizziamolo al massimo! E ci sono vie di fuga dal Sistema globalitario, pervasivo, inespugnabile, molecolare: alcune “Macchine del tempo” che ti permettono di abitare altri mondi, altre eta’, altri universi simbolici e reali come l’arte, la letteratura, la lettura, ricerca, memoria, esplorazione, religione, preghiera. Universi mitici! E non sara’ la fine del mondo se invecchiamo e muoriamo ma mi raccomando: senza schiamazzi!