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RELIGIONE OGGI: SUPERMARKET DELLA FEDE

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L’UNESCO è forse il peggiore delle filiazioni dell’ONU. Nato come Organizzazione delle nazioni unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura si propone attraverso commissioni di valutazione di scegliere dei siti di rilevanza mondiale da proteggere. La realtà documentata è totalmente diversa tanto che qualche anno fa l’”Indipendent” ha pubblicato un articolo-inchiesta dal titolo “L’Unesco danneggia i suoi tesori?” dato che il paradiso naturalistico di St. Kilda in Scozia, i templi dei Khmer rossi in Cambogia sono tutti rovinati dopo la loro adesione all’organizzazione che spende gran parte del suo budget per gli stipendi dei funzionari che fanno bella vita, a Parigi, come d’altronde gli eurodeputati nelle loro addirittura tre sedi (Strasburgo, Bruxelles e in Lussemburgo). Ma la vera pericolosità dell’Unesco risiede nella sua condotta spesso accondiscendente versi i paesi arabi anche con dittature sanguinarie permettendo, non molto celatamente, l’islamizzazione dell’occidente. Prova ne sia la decisione incredibile di appropriazione del Muro del pianto da parte araba negando le origine ebraiche di Gerusalemme divenuta ahimè “sito musulmano” da pilastro storico della fondazione delle tre religioni monoteiste (ebraismo e cristianesimo in primis e successivamente islam).
Credo che l’Italia con la sua astensione (giustificazione ennesima della sua condotta amorfa e anodina) abbia rinnegato, se ce ne fosse ancora bisogno, le sue origini e tradizioni svendendole per qualche commessa vantaggiosa con il mondo arabo. Se inoltre pensiamo che paesi anche meno ebraico-cristiani del nostro come gli USA, la GB e la Germania o l’Olanda hanno votato contro, l’angoscia per il futuro del nostro paese mi diventa vieppiù pervadente. Distruggere il significato di un monumento quale tradizione aggregante e identificativa di un popolo significa non generare integrazione o affari bensì fomentare conflitti qualora non bastassero gli attuali. Per il mondo ebraico questo è un negazionismo pari solo a quello della Shoah come la distruzione di Palmira da parte dell’Isis. E noi siamo freschi nelle retromarce di un capo di governo che non sapeva delle decisioni del suo ministro non in linea. Pura manfrina!  E dopo la “figuraccia”, per riparare,  il nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha affermato che la “prossima volta”(se ci sarà) voterà “no” dopo il successivo attacco antisemita della World Heritage Committee, fatto proprio dall’Unesco che distrugge definitivamente Gerusalemme quale luogo di nascita del monoteismo di Abramo ponendo fine alla “Gerusalemme celeste” di cristiana memoria. Alla conta dei fatti stiamo solo sostituendo i nostri cristiani con i nuovi arrivati che a dorso in su per il momento si sono riuniti davanti al Colosseo in attesa dell’assalto finale col nostro benvenuto. E mi chiedo perché mai un’organizzazione mondiale creata a protezione del patrimonio culturale dell’umanità debba assumere delle decisioni non proprie e soprattutto fomentatrici di conflitti politici se non di guerre? O nell’ordine geografico mondiale si è stabilita la cancellazione della terra destinata al popolo di Dio? Non faremmo prima a cancellare l’ONU del tutto inutile viste le numerose guerre in atto con le sue paraorganizzazioni lobbistiche corrotte e strapagate?
Evento questo come prologo di quella scarsa incredibile ineluttabile avversione della nostra civiltà occidentale verso la tradizione delle nostre radici religiose e spirituali, non più attenta nel salvaguardare la sfera animistica dell’essere. A dire il vero, come afferma Alain De Benoist (“Il valore delle religioni” Ed. Idrovolante), la religione come appartenenza sociologica o istituzionale è sempre più separata dalla “credenza” come convinzione personale con le Chiese che ormai non hanno più un potere normativo nella società “globale” e continuano a credere solo coloro che hanno motivi personali per farlo. Ma se il credere sta diventando una questione sempre più individuale e perciò privata ad appagare un bisogno interiore e quindi sinonimo di un modo più “autentico” di vivere la fede d’altra parte si sta ingenerando un movimento di fondo più generale che, come afferma il saggista, ove la ricerca di questa “autenticità intima” sta sfociando in un “bricolage spirituale” a cui assistiamo molto spesso ultimamente. Il cosiddetto riferimento spirituale non è più il catechismo della chiesa, sempre aggiornato e sempre meno dogmatico, ma una convinzione personale ad esprimere una propria religione self service, “a la carte” in modo ecclettico ed opportunista. Non rari i cattolici cristiani che non credono più all’inferno ultraterreno, alla resurrezione dopo la morte o al concepimento verginale della Madonna! O altri che razionalmente sono certi dell’esistenza di Dio! La convinzione religiosa si rimodella a mezzo di un anomalo sincretismo che ingloba tutto da altre religioni, all’influenza New Age al mondo del paranormale ad usum del mondo attuale senza confini, globalizzato, frattale, schizofrenico ma sicuramente utile alla propria necessità edonistica per farci sentire bene come una seduta psicoanalitica, ingurgitare integratori o fare fitness per bella forma. Diritto allo star bene anche con la nostra anima. Meglio una parte del tutto che niente. Come scrive Gille Lipovetsky “..da religione incentrata sulla salvezza dell’aldilà, il cristianesimo è passato ad essere una religione al servizio della felicità intramondana, mettendo l’accento su valori quali la solidarietà e l’amore, l’armonia, la pace interiore, la realizzazione totale della persona..”. Materialismo della fede o edonismo spirituale non fa differenza!  L’importante è il conforto che può arrecarci in questo mondo diventato difficile da vivere, non avendo tempo per pensare o riflettere a quali ascesi, sacrifici, sofferenze, rinunce, disciplina si sono posti in passato i credenti oggi stigmatizzati o derisi. Così l’iperindividualismo annienta la religione quale  autorità legittimatrice della tradizione relegandola ad un uso riduttivo e personale. Come rimarca De Benoist Gesù percepito in certi ambienti cristiani come “fratello maggiore di tutti” che precede Dio Padre considerato troppo lontano ed esigente a scorno del mistero trinitario. Altro problema è la differenza fra il credere e l’obbedire: si può accedere al primo senza considerare il secondo specie se questo interessa la sfera privata. Si applaudisce il Papa nei suoi viaggi per quel bisogno intrinseco di minima spiritualità ma si rimane ben lontani dall’eseguirne i moniti. Per questi motivi crescono le sette d’ogni sorta, evangeliche, buddhiste, neopagane che non sono altro che alvei ristretti, nicchie comunitarie dove si può condividere confortevolezza e un’idea dell’”assoluto” che va dall’intransigenza all’intolleranza e mai capace di normare la società nella sua interezza e globalità. Nel sincretismo di un ossimoro “assoluto-relativo” la politica è sempre più lontana dalla religione non riconoscendole il ruolo culturale di base civile ma solo di un compagno di ventura ad uso giudiziale nei tavoli di discussione al pari delle altre minoranze religiose, sociali, politiche o sindacali. La religione depredata del suo ruolo coesivo e al suo posto tante “opzioni” private che in quanto tali pretendono il riconoscimento “pubblico” ed i relativi diritti. Lo Stato nell’idea pseudoliberale e pseudodemocratica di “neutralità” e di rispecchiare le esigenze di tutti giunge consapevolmente(?) a non essere più in grado di rappresentare l’interesse generale, il bene comune e il senso di vivere insieme. Quanto potrà ancora durare questa trasformazione plurireferenziale sociale della spiritualità? Non credo molto a lungo in accordo col filosofo francese di cui sopra, diversamente da quelli che affermano la religione come aspetto simbolico fondamentale dell’esistenza sociale anche se il “sacro”  venga trasferito sotto altre espressioni o in altri luoghi. Non dimentichiamoci che oltre le innocue “sette” assistiamo oggi alla ripresa di quel lato dell’Islam convulsivo che viene etichettato come fondamentalismo integralista. Se questo è un lato del ritorno al sacro c’è un po’ da riflettere. Secondo molti tutto ciò testimonia un individualismo patologico che pur di identitarsi in qualche modo mette a repentaglio la propria esistenza fino all’autodistruzione in un contesto anche di nicchia ma “tribale”. E quest’ultimo fenomeno non è altro che la cartina al tornasole del fallimento storico dei movimenti nazionalisti laici nel mondo arabo: reale problema politico a matrice soprattutto statunitense e ammantato di accezioni religiose; reale problema politico economico per crearsi ricchezza vendendo guerre! E per concludere come non considerare se forse l’ideologia dei “diritti dell’uomo” non rappresenti l’ultima in ordine di tempo delle “religioni secolari”? Se l’idea del progresso civile non sia affidata solo alla velocità dello sviluppo tecnologico che del tutto inopportunamente si faccia foriera di un diritto globale al benessere per tutti senza minimamente menzionare i doveri o l’adattamento alle realtà esistenti? Si vuole percorrere una globalizzazione creando anche macroaree geografico economiche nell’idea di una maggiore cooperazione e quindi maggiore benessere non considerando che in tal modo si riducono le idee e le prospettive dei singoli “disindividualizzati” e ammassati sotto gestioni sempre più estese, monolitiche e vessatorie. Nutro molti dubbi sul ritorno ad una Religione come seme di progresso e come testimoniata dalla Storia senza gloriosi negazionismi.

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