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SANTA IMMIGRAZIONE

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Gentile Direttore

In un suo articolo apparso in questi giorni Alessando Meluzzi riporta un riferimento di un giurista cattolico Carl Schmitt che traccia un confine ben preciso fra “hospes” e “hostis”. Il primo è l’ospite che giunge inatteso, indesiderato ma in punta i piedi, e che merita tutto il rispetto nel nome della sacralità dell’accoglienza, per qualsivoglia motivo giunto a noi, sia per bisogno che per altro. Diversamente il secondo è quello che arriva anche in massa senza bussare ma con un atteggiamento francamente invasivo, colmo di pretese e arroganza, in un luogo che intende occupare attingendo a risorse, anche capovolgendo gli usi agli autoctoni che hanno lottato per generazioni per raggiungere uno stile di vita economica sociale accettabile e condiviso. E ricordo il Papa Leone I “Magno” quando a Mantova nel 452 incontrò Attila re degli Unni dissuadendolo dall’occupare tutto il suolo italico già devastato dalla guerra d‘invasione nelle regioni nord orientali. Tanto da essere definito nel 2008 da Papa Benedetto XVI “uno dei più grandi Pontefici che abbiano onorato la sede romana”. Altra storia se l’Italia fosse stata invasa. Ora per un prudente parallelismo ci troviamo un Papa che celebra invece la “Santa Immigrazione”. Non ho la forza per criticare un Pontefice ma credo di avere una coscienza civile che razionalmente definisca la mia identità di cittadino italiano e cristiano cattolico. Ho sempre teso la mano al bisognoso e sono per aiutare questi fratelli meno fortunati ma credo che anche la nostra migrazione post bellica sia stata sottoposta a regole ben precise dei paesi accoglienti. Le pongo una domanda: mi sento meno cristiano se voglio che non abbattano le nostre tradizioni culturali giudaico-cristiane, se penso che il loro diritto principale sia “non emigrare”, che gli aiuti da parte del mondo occidentale non vengano distribuiti in maniera “cash” ma finalizzati in progetti umani in loco, se questa migrazione anomala spesso maschile giovanile aggravi ancora di più i rimanenti in quelle terre impoverite da despoti tribali, se quelle grandi organizzazioni umanitarie non hanno fatto altro che fornire una sussistenza schiavizzante deprivando quelle terre dalle loro preziose risorse e non valorizzare la loro seta, oro, diamanti? E’ poco cristiano se provo pena per i nostri poveri connazionali che frugano nell’immondizia e un certo disappunto se vedo gli extracomunitari che bighellonano con le cuffie alle orecchie? E’ che l’idea di difendere a tutti i costi “questa” immigrazione non mi rende partecipe e mi ottunde la visione di possibili scenari futuri dei nostri figli. Grazie