Si fa un bel dire tutti che la burocrazia, ideata come saggia intermediatrice tra la legge e l’ ”execution”, sia oggi talmente dannosa da spingere una intera nazione al fallimento economico e civile. Perché dai suoi lacci è impossibile liberarsi, perché la macchina burocratica insieme alla magistratura sono i veri poteri che dirigono il destino della nostra società.
Immaginate un amministratore pubblico che deve decidere se approvare con la sua firma l’esecuzione di un progetto ben studiato: non ha alcuna certezza di scampare ad un ricorso o ad un cavillo legale che lo pone nelle vesti di un imputato per qualsivoglia motivo, colpa o collusione o corruzione per finire sotto processo anche per sola inosservanza o banale distrazione. Non che sia difficile trovarsi di fronte ad evidente condotta illegale di chi è interessato a gestire il bene pubblico.
Il vero problema è stabilire l’ampiezza del manto protettivo di cui gode il pubblico amministratore nell’ambito delle sue funzioni ossia la benevolenza e l’accettazione dei livelli superiori e magistraturali.
Come un vecchio spot di “Pubblicità-Progresso” sull’HIV “se lo conosci lo eviti” che traslato significa “se conosci i controllori stai tranquillo”. In soldoni la burocrazia è un potere così grande di cui non si può fare a meno: chiunque governi se non ha quell’apparato “fidelizzato” è destinato al fallimento del suo mandato.
Tanto è vero che nelle società democratiche ne sono così edotti che quando un esponente politico viene democraticamente eletto a ricoprire una carica viene messo in atto lo “SPOIL SYSTEM” ossia viene ad essere sostituito l’entourage burocratico del precedente amministratore in maniera che possa operare senza cavilli, ostacoli o ancora peggio un controspionaggio. Lo “spoil system” che tradotto letteralmente dall’inglese “sistema del bottino” è la pratica politica nata negli Stati Uniti tra il 1820 e il 1865 secondo cui gli alti dirigenti della PA cambiano al cambiare del governo che affiderebbe quindi la guida della macchina amministrativa a dirigenti che possano e vogliano fargli raggiungere gli obiettivi politici.
Nell’accezione più negativa le forze politiche di governo distribuiscono ai propri affiliati e simpatizzanti le varie cariche istituzionali, la titolarità degli uffici pubblici e posizioni di potere come incentivo a lavorare per il partito o l’organizzazione politica di cui fanno parte.
Nel nostro Paese tuttavia, come sempre accade, questa rivoluzione è stata fatta solo a metà dando luogo a quelle condizioni di incertezza che non permettono decisioni valide e univoche.
Infatti la Corte Costituzionale ha decretato l’illegittimità dello spoil system dei direttori generali delle ASL ed una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che “il ruolo di dirigente della Regione non può essere revocato in conseguenza del cambiamento degli organi politici quando la figura non rientri tra quelle apicali”, limitando ancora di più l’ambito applicativo legittimo dello spoil system.
Al quale si contrappone il “MERIT SYSTEM”, letteralmente sistema del merito, in base al quale la titolarità degli uffici pubblici viene assegnata a seguito di una valutazione oggettiva delle capacità di svolgere le relative funzioni, senza tener conto dell’affiliazione politica dei candidati.
Ma ovviamente non è nemmeno questo il sistema in auge in Italia. Tutt’altro! Vige da noi un sistema che ha molto ben descritto il verista Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo più celebre romanzo “Il Gattopardo” ove narra della transizione dal regime borbonico al regno dell’Unità d’Italia stigmatizzandola nel mantra “tutto deve cambiare affinché nulla cambi”. Un esempio su tutti è quanto sta avvenendo in questi giorni sugli ingorghi autostradali. Il tutto nasce dal crollo del ponte Morandi a Genova nel 2018.
Il buon senso stabilisce dalla pura e semplice ovvietà che un accadimento del genere comporta colpe e responsabilità di chi in primis ha costruito ed approvato una struttura intrinsecamente poco duratura ed in secondo luogo di chi era designato alla sua manutenzione omettendo controlli ed interventi stabilizzatori.
Ebbene nulla di tutto questo! C’è solo da capire se i lauti dividendi di questi anni non siano altro che manutenzioni mancate. In realtà c’era d’aspettarselo perché lor signori si muovono nei gomitoli di interessi che condividono col “deep State” e che la priorità non sarebbe stata la giustizia per i 43 morti sotto il crollo bensì salvare il business e il patrimonio di Atlantia e dei suoi azionisti ed il “pacchetto” confezionato come descrive Riccardo Ruggieri è congegnato in modo che qualsiasi mossa per colpire il colpevole sia preclusa o perché diventata nel frattempo impraticabile o perché interverrebbero Strasburgo e la UE o perché i sindacati si oppongono o perché bisogna proteggere i piccoli azionisti o perché i media di regime si buttano sulla comunicazione assolutrice.
In altre parole ancora una volta il “Ceo-capitalism” ha vinto! Una vergogna durata vent’anni conclusasi con un accordo vergognoso ove chi deve pagare viene liquidato con circa 12 miliardi, uno Stato che si compra i debiti e 43 famiglie che non avranno mai la giustizia sperata. Ma oltre il danno la beffa. Perché qualcuno in barba alle regole di una burocrazia asfissiante si permette di ricostruire il ponte in meno di due anni.
Fatto! Ma chi ora deve gestire la nuova struttura? Paralizzata per mancanza di firme! Il vero problema è che alla guida di questo progetto ci sono stati esponenti del centrodestra come il sindaco di Genova o il governatore della Liguria ed un vanto che distrugge la burocrazia, così vitale al “deep State” e tanto apprezzata dal governo giallo-rosso non poteva passare inosservata.
Bisognava fare qualcosa che ostacolasse il repentino ripristino della viabilità e di conseguenza, in questa stagione estiva, il dare fiato al turismo e all’economia della regione.
Ecco intervenire il potere centrale del “Soviet” che per mano della burocrazia affiliata al regime trasmuta un successo in una ecatombe infernale. L’asfalto ligure diventa una trappola incandescente per migliaia di automobilisti incolonnati a 40° per ore in ingorghi tremendi al bivio A26/A10 , in A12, in A7.
Perché? Per una curiosa ed improvvisa decisione di un funzionario del ministero delle Infrastrutture molto vicino al Luigi Di Maio, tale Placido Migliorino che venti giorni fa avrebbe cambiato le regole delle ispezioni nelle gallerie di Autostrade per l’Italia, stracciando un protocollo che lui stesso aveva firmato tre mesi prima contribuendo così a paralizzare di fatto la circolazione con l’avallo della ministra dei trasporti Paola De Micheli, piddina multiforme, che ha spiegato che i controlli lungo la rete autostradale ligure non potevano essere rinviati anche se in periodo vacanziero la regione trae dalle ferie e dai week-end buona parte del suo Pil.
Di consueto le verifiche vengono compiute in due fasi: “preliminare” e “profonda”. La prima prevede il controllo dello stato di salute delle galleria attraverso l’ispezione dello stato della calotta visibile, dei rivestimenti e degli impianti presenti; la seconda comporta invece lo smontaggio dei rivestimenti, le cosiddette onduline, lamiere sagomate che rivestono le pareti interne delle gallerie.
Ed il Mit per tutte le gallerie delle autostrade italiane prevedeva controlli in queste due fasi ma dopo soli tre giorni, il 29 maggio, ha imposto ad Aspi l’urgenza di smontare le onduline con un enorme allungamento dei tempi di lavoro sulle autostrade liguri e conseguente paralizzazione del traffico autostradale.
Come sta succedendo anche in Abruzzo sulla A14 con code chilometriche nel tratto Roseto-Pescara sud, altra regione amministrata dalla destra, tanto che sia Toti ligure che Marsilio abruzzese stanno procedendo alla richiesta al governo dei danni economici derivanti da questa condotta cautelativa oltremodo economicamente dannosa.
Oltre l’incredibile c’è l’inimmaginabile perché se è vero che per la sicurezza bisogna essere molto guardinghi qualcuno dovrebbe spiegarci per quale motivo se mister Migliorino è stato inviato ad ispezionare le gallerie nel gennaio scorso, da gennaio ad oggi sono passati sei mesi tre dei quali con italiani rinchiusi in casa e autostrade deserte e due anni dal crollo del ponte Morandi.
Se c’era urgenza, questi lavori non potevano essere eseguiti in questi lassi temporali? Perché non approfittare del blocco? La risposta è una sola: l’urgenza non è mettere in sicurezza le galleria liguri ma mettere in sicurezza l’enclave governativa da successi destrorsi che potrebbero minare i loro consensi elettorali alle prossime consultazioni regionali. E hai voglia a cambiare il nocchiero se l’equipaggio fa ammuina!
Questo è il nostro Paese che a detta di qualcuno ha la Costituzione più bella del mondo, una Costituzione che ha tutte le carte in regola per legalizzare il malaffare e le contorsioni di chi governa, alla faccia dei cittadini i cui diritti vengono sempre dopo quelli di “lor signori”.
Arcadio Damiani