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Storia della medicina … tra cerusici e barbieri

Ippocrate scienziato, geografo e aforista greco è considerato senza ombra di dubbio il padre della medicina, è stato il primo a dissociare la filosofia e la pratica religiosa dal concetto di medicina che pian piano, si avvia ad essere solo una pratica professionale.
Si diventava medici per propensione intellettuale, pratica e a volte, capacità intuitiva. Il lavoro svolto dai medici nella cura del corpo, ha avuto basi sempre più allargate, grazie all’esperienza acquisita “sul campo” dai diversi maestri della medicina, bisogna arrivare però all’anno 859 per avere una prima università di medicina e i primi laureati in tale disciplina.

Nei secoli precedenti erano stati gli egizi e i greci e successivamente i romani e i cartaginesi a sviluppare questa branca apportando sempre nuove conoscenze e quindi sarebbe stato logico che nella culla di queste culture ci fosse stata la prima università agli studi e invece bisogna andare in Marocco, nella città di Fez, dove aprì i battenti nell’859 l’Università di al-Qarawiyyin ritenuta quindi la più antica del mondo. Istituita per volontà di Fatima al Fihri, nata da una famiglia emigrata dalla Tunisia in Marocco sotto il regno di Re Idriss II, dopo la morte del marito e del padre Mohammed, avendo ereditato una notevole fortuna che volle usare come contributo alla comunità in cambio della benedizione di Dio. La giovane donna, di religione islamica, con l’ingente somma di denaro ricevuta in eredità dal padre mercante, volle creare in una moschea la prima università di medicina corredata da una ricca biblioteca con oltre quattromila libri rari e antichi manoscritti.

Bisogna aspettare oltre un secolo per avere la seconda università di medicina; questa volta la sede è in Italia a Parma (anno 962); per gli inglesi i tempi sono ancora lontani, bisogna infatti attendere fino al 1096 per vedere aperta l’università di Oxford e, per i francesi, si arriva addirittura al 1170 con la “prima” università di Parigi. A Bologna il primo medico fu Petrus, come risulta da un atto notarile del 981, e successivamente Bonandus (in un atto del 1075) anche se l’università di medicina data 1088 (è probabile che essi gestissero delle scuole private). Dei tedeschi neppure l’ombra, bisogna “aspettare” il 1386 con l’università di Heidelberg. Nel mezzogiorno dell’Italia le più antiche università degli studi di medicina sono state quelle di Napoli e Catania, dove ci fu bisogno dell’approvazione di Alfonso d’Aragona cui fece seguito la bolla di papa Eugenio IV nell’aprile del 1444 per aprire la sede universitaria e restituire a Catania il prestigio perduto con l’allontanamento della corte reale. Le prime facoltà conferivano la laurea in Arti e Medicina (arte lunga) mentre la Chirurgia era considerata un’arte manuale.

All’epoca la distinzione era abbastanza netta, da una parte i Medici e dall’altra i Barbieri Chirurghi; il medico era un teorico e non aveva nessun contatto fisico con il paziente; diagnosi e prognosi erano espletate mediante l’esame “a vista” di urine e feci che, successivamente, venivano annusate e valutate secondo le teorie ippocratiche. Solo loro potevano prescrivere la medicina che veniva introdotta per via orale o, all’occorrenza, praticare un salasso con sanguisughe. Ancora lontani dalla scoperta della penicillina (fine 800 i primi studi del dottore italiano Vincenzo Tiberio) la terapia medica si basava esclusivamente sull’utilizzo delle erbe (fitoterapia) che spesso venivano preparate dai monaci: la lachnunga, la mandragola (erba delle streghe) e i fiori di pioppo erano le più utilizzate ma anche oppio e foglie di coca. Subito al di sotto del medico, nella scala gerarchica, c’era il cerusico (o cirroico) con le mansioni d’intervento, nel caso non fosse disponibile un medico, o quelle di effettuare l’intervento manuale di “riparazioni” chirurgiche in caso di ferite (da taglio o da arma da fuoco); all’occorrenza incideva qualche ascesso ed effettuava estrazioni dentali, compiti che comunque competevano al barbiere.

Il cerusico non era laureato e non era abilitato alla professione ma, nelle zone rurali, il suo intervento “a volte” era provvidenziale per salvare vite umane (a volte!). Nei secoli anche nel campo della cerusia ci sono state delle “eccellenze”: un certo maestro Jacopo Perugino, pur non essendo laureato in Medicina, divenne così noto che fu scelto dal papa Clemente VII (nipote di Lorenzo il Magnifico) come suo “curatore” personale: morirà a soli 56 anni (non per colpa del cerusico) dopo aver mangiato un’amanita phalloides (un fungo mortale). Altro chirurgo, non abilitato alla professione, è stato Antonio Pigafetta che oltre a navigatore, geografo e scrittore italiano, nella sua vita avventurosa, si “accollò” anche la mansione di cerusico a bordo delle navi capitanate da Magellano durante la circumnavigazione del globo terrestre dal 1519 al 1522.

Compito non semplice, dati i tempi e le condizioni ambientali non certo favorevoli: tra battaglie e tempeste la flotta fu quasi completamente distrutta e lo stesso Magellano perì nelle Filippine durante uno scontro con gli indigeni locali. Il bravo “chirurgo” vicentino rientrò in Europa (Siviglia), dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza sulla nave Victoria: fu il solo che materialmente ha circumnavigato il globo terrestre in un unico lungo viaggio.