David di Donatello 2025: tra memoria e futuro, i pronostici di un cinefilo

La 70ª edizione dei Premi David di Donatello

Il 7 maggio 2025, al Teatro dell’Opera di Roma, si svolgerà la 70ª edizione dei Premi David di Donatello, il più prestigioso riconoscimento del cinema italiano. Un appuntamento che da settant’anni accompagna l’evoluzione artistica e culturale del nostro Paese, premiando le opere che più hanno saputo interpretare il presente, riscoprire il passato e immaginare il futuro.

“Il cinema è un modo divino di raccontare la vita.” — Federico Fellini

Un’edizione Celebrativa

Per la prima volta sarà un’edizione celebrativa ma anche profondamente contemporanea, sospesa tra l’omaggio alla storia e l’apertura verso nuovi linguaggi. A condurre la serata saranno Elena Sofia Ricci, icona del nostro teatro e cinema, e Mika, artista internazionale con una sensibilità pop che sa parlare a tutte le generazioni. Un duo inedito, come inedito è il panorama dei film in gara: vario, coraggioso, politicamente consapevole.

Due titani a confronto: Segre e Sorrentino

A guidare la classifica delle nomination ci sono due film che incarnano due modi opposti – e complementari – di fare cinema:

  • “Berlinguer. La grande ambizione” di Andrea Segre è un biopic politico e insieme intimo, capace di raccontare non solo la figura carismatica di Enrico Berlinguer ma anche le tensioni e i sogni collettivi di un’Italia che cercava il cambiamento. Il film è costruito su materiali d’archivio, ricostruzioni drammatiche e una performance magnetica di Elio Germano, che si conferma uno degli attori più versatili e profondi del nostro cinema. Con 15 candidature, il film è il favorito naturale per il premio più importante.
  • A pari merito, “Parthenope” di Paolo Sorrentino, una delle opere più personali del regista napoletano. Dopo “È stata la mano di Dio”, Sorrentino torna a Napoli con un film che è insieme una lettera d’amore alla sua città e una meditazione sull’identità femminile. Immagini che sembrano quadri, un uso della musica raffinato, e una protagonista – la giovane Celeste Dalla Porta – che incarna il mistero e la fragilità dell’adolescenza. Un film poetico, divisivo, ma potentemente evocativo.

L’ascesa delle registe: Golino, Delpero e Vicario

Ma la vera notizia di quest’anno è la fortissima presenza femminile tra le nomination. Per la prima volta nella storia dei David, tre registeValeria Golino, Maura Delpero e Margherita Vicario – concorrono per il miglior film. Un segno tangibile di un cambiamento in atto nel cinema italiano, che apre finalmente spazio a sguardi nuovi, complessi, anticonvenzionali.

  • Valeria Golino, con “L’arte della gioia”, firma un adattamento monumentale, diviso in quattro atti, dell’opera di Goliarda Sapienza. Il film è un grido di libertà, un inno alla forza dell’identità femminile, una riflessione sul potere e sulla sensualità. Golino dirige con coraggio, senza compromessi, consegnandoci una delle opere più politiche e poetiche dell’anno.
  • Maura Delpero, già acclamata per il suo esordio “Maternal”, torna con “Vermiglio”, film intimo e spigoloso, ambientato in una comunità alpina apparentemente isolata dal tempo. Una riflessione sulla maternità negata, sui traumi sommersi, sull’amore che si incarna nel silenzio.
  • Margherita Vicario, cantautrice e performer, debutta alla regia con “Gloria!”, sorprendente opera prima ambientata in un collegio femminile del Settecento, tra musica, libertà e rivoluzione. Con 9 nomination, Gloria! è la grande outsider di quest’anno, e potrebbe raccogliere molto di più di quanto inizialmente previsto.

Le performance da ricordare

Tra le interpretazioni maschili spicca Elio Germano per “Berlinguer”, praticamente inscalfibile nella sua categoria. Ma c’è anche Michele Riondino, che in “Palazzina Laf” – film tratto da una storia vera sull’Ilva di Taranto – regala una prova intensa e disturbante. Da segnalare anche Luigi Lo Cascio per “Confidenza”, e il solido Pierfrancesco Favino per “Comandante”.

Per le attrici, la sfida è aperta. Jasmine Trinca è straordinaria in “L’arte della gioia”, ma anche Micaela Ramazzotti colpisce per autenticità in “Felicità”, film che ha anche scritto e diretto. Una doppia sfida, personale e artistica, che merita attenzione.

Tra i non protagonisti, occhi puntati su Barbora Bobulova, Tommaso Ragno, Valerio Mastandrea e Giovanna Mezzogiorno.

Pronostici: chi vincerà?

  • Miglior film: Berlinguer. La grande ambizione
  • Miglior regia: Valeria Golino (ma Sorrentino è sempre pericoloso…)
  • Miglior attore: Elio Germano
  • Miglior attrice: Jasmine Trinca, ma Ramazzotti è la mina vagante
  • Miglior opera prima: Gloria! – l’energia di Vicario è contagiosa
  • Miglior documentario: Segre viva
  • Miglior cortometraggio: La confessione di Nicola Sorcinelli
  • Miglior casting (novità): L’arte della gioia – una vera sinfonia di volti e presenze.

Premi tecnici: Musica, Fotografia, Sceneggiatura e Suono

In aggiunta ai premi principali, ci sono anche quelli per le categorie tecniche, che sono fondamentali per la riuscita di un film e che spesso passano inosservati, ma sono essenziali nella creazione dell’atmosfera e nella narrazione visiva e sonora.

  • Miglior Suono:
    • “Berlinguer. La grande ambizione” – Il suono di questo film è stato curato da Alessandro Palmerini, Michele Canova e Andrea Suriani, che hanno lavorato per creare un’atmosfera immersiva e storicamente autentica, fondamentale per il racconto della figura di Berlinguer e dell’Italia degli anni ’70.
    • “Parthenope” – La progettazione sonora di Nicolò Ventrella ha contribuito a rendere il film evocativo, con un uso potente e suggestivo delle tracce sonore che si amalgamano con l’estetica visiva di Sorrentino.
  • Miglior Musica:
    • “Parthenope” (Paolo Sorrentino) – La musica di Lele Marchitelli accompagna con maestria le immagini del film, con una colonna sonora che unisce classico e contemporaneo, esaltando l’intensità emotiva delle scene.
    • Possibile outsider: “L’arte della gioia” (Valeria Golino) – La colonna sonora di Michele Braga gioca un ruolo cruciale nel sottolineare le atmosfere intense e sensuali del film.
  • Miglior Fotografia:
    • “Parthenope” – La fotografia di Luca Bigazzi è semplicemente straordinaria, un tripudio di luci e ombre che cattura l’essenza della Napoli più intima e misteriosa. Ogni scena è un quadro, ogni luce un’emozione.
    • Possibile outsider: “Berlinguer. La grande ambizione” (Giuseppe Lanci) – La fotografia, pur essendo più sobria e storicamente dettagliata, è fondamentale per ricreare l’atmosfera della politica degli anni ’70.
  • Miglior Sceneggiatura:
    • “Berlinguer. La grande ambizione” (Andrea Segre) – La sceneggiatura di Segre è un’operazione di grande equilibrio tra il racconto storico e quello intimo, con dialoghi che scuotono e riflettono le tensioni sociali del periodo.
    • Possibile outsider: “Gloria!” (Margherita Vicario) – Un esordio che non solo sorprende per la freschezza, ma che si dimostra capace di costruire un mondo complesso in poche battute.

Oltre i Premi David di Donatello: un cinema che parla all’anima

Quello che emerge da questa annata non è solo la qualità tecnica o la profondità narrativa delle opere candidate, ma una rinnovata volontà di fare del cinema uno strumento di interrogazione del reale. I registi – e soprattutto le registe – non si limitano più a raccontare storie: le scavano, le disarticolano, le mettono in discussione. Ci parlano di corpi, di traumi, di desideri inascoltati, di rivolte silenziose. Di ciò che siamo e di ciò che potremmo diventare.

La 70ª edizione dei Premi David di Donatello

La 70ª edizione dei Premi David di Donatello non sarà solo una celebrazione del passato, ma un’apertura coraggiosa verso il futuro. Le nuove generazioni di autori e autrici – spesso provenienti da mondi musicali, teatrali, televisivi – stanno contaminando il linguaggio cinematografico, rendendolo più vivo, più fluido, più libero.

Conclusione: il coraggio di cambiare

Il 7 maggio 2025 scopriremo chi porterà a casa le ambite statuette, ma la vera vittoria è già sotto i nostri occhi. Il cinema italiano sta attraversando una trasformazione profonda. Dopo anni di incertezze, censure implicite, omologazioni produttive, qualcosa si è finalmente mosso.

Stiamo vivendo una nuova stagione, fatta di sguardi divergenti, di scelte radicali, di voci finalmente ascoltate. È il segnale che attendevamo da tempo: che il nostro cinema non solo è vivo, ma ha ritrovato il coraggio di rischiare.

Un cinema che finalmente osa. E si rinnova.

di Carlo Di Stanislao

La Redazione de La Dolce Vita
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