Il femminile che nutre – viaggio nel cuore del sacro, dell’oscuro e del luminoso

“Il femminile non è debolezza, ma potere che non ha bisogno di dominare.” – Marion Woodman

Il Femminile che nutre

Nel cuore della storia e della coscienza collettiva si cela un archetipo essenziale e dimenticato: il femminile che nutre. Una forza creatrice, sapiente, misteriosa, capace di trasformare la realtà non attraverso il controllo, ma attraverso la presenza profonda, la parola incarnata, il grembo simbolico e reale.

Il Femminile: Un Archetipo Universale oltre il Genere

Questo femminile non è esclusivo delle donne, ma si esprime con particolare forza attraverso alcune figure che lo hanno incarnato in modo radicale, visionario, rivoluzionario. Donne che hanno saputo nutrire il mondo con il pensiero, l’estasi, la poesia, la cura, la disobbedienza sacra.

Listrys – La prima ispiratrice del sapere egizio

Figura iniziatica e leggendaria, Listrys è la madre dimenticata che ispirò Imhotep, architetto, medico e saggio dell’antico Egitto. In lei vive il principio del sapere intuitivo, orale, trasmesso con il gesto e il rituale. Listrys non lasciò scritti, ma formò l’ordine invisibile su cui si costruirono medicina e spiritualità egizia. È il grembo oscuro da cui emerse la scienza sacra.

Bai Gu – La dea della medicina e della moxa

Sacerdotessa taoista, maestra di erbe, fu la grande sposa spirituale del celebre medico e alchimista Ge Hong (III sec. d.C.). Bai Gu rappresenta il femminile che cura attraverso il calore, il respiro, l’energia vitale. Con la moxa – l’arte di bruciare Artemisia sul corpo – evocava la vita nella cenere, il fuoco che guarisce senza ferire. In lei si incarna il sapere ciclico, lunare, taoista: non lineare, ma ritmico, connesso all’invisibile.

Ipazia d’Alessandria – Sapienza come nutrimento cosmico

Scienziata, filosofa, astronoma. Vissuta nel IV secolo d.C. ad Alessandria, è simbolo della conoscenza incarnata. Insegnava la matematica come via al divino, l’astronomia come danza delle sfere celesti. Fu assassinata da fanatici religiosi: il suo corpo dilaniato è il martirio del pensiero libero, ma anche il seme immortale della scienza sacra.

Ildegarda di Bingen – Visione, medicina e canto della terra

Mistica del XII secolo, compositrice, guaritrice, scrittrice, Ildegarda unì medicina, arte, visione e teologia in una sola linfa. Le sue opere curavano corpo e anima: usava piante, suoni e visioni per risvegliare la salute profonda. Nei suoi scritti la donna è terra e cielo, il corpo è tempio del cosmo, la natura è partitura divina.

Jeane de la Cruz – Femminile sapiente e rivoluzionario

Conosciuta come Sor Juana Inés de la Cruz, visse nel Seicento nella Nuova Spagna (Messico). Fu poetessa, mistica, scienziata e teologa autodidatta. In un mondo che negava alle donne l’accesso al sapere, lei scrisse, insegnò e polemizzò con vescovi e dottori. È il femminile che osa pensare, che rompe i confini tra devozione e intelligenza.

Teresa d’Ávila – Estasi come semina del sacro

Mistico e riformatrice del Carmelo, Teresa trasformò l’amore divino in disciplina spirituale. Le sue estasi, così potenti da far tremare la Chiesa, non la alienarono ma la fecero fondatrice. Costruì conventi come spazi di libertà interiore. La sua opera è architettura dell’anima: scritta con fuoco e rigore.

Torula – La custode del sogno femminile ancestrale

Archetipo più che persona, Torula è la veggente del Mediterraneo profondo. Vive nei canti, nei sogni, nelle donne che tacciono e tessono. È la madre del buio fecondo, la notte che partorisce il giorno. Portavoce del femminile oscuro taoista: il vuoto pieno, la gestazione lenta, la forza senza violenza.

Simone Weil – Compassione come fame mistica

Operaia, filosofa, mistica, Simone Weil ha incarnato la sete di giustizia come vocazione spirituale. Ha scelto la povertà reale per capire l’altro. Si è lasciata morire, lentamente, per solidarietà con chi non aveva pane. Il suo pensiero è preghiera che scava, attenzione radicale come gesto d’amore.

Hannah Arendt – Pensiero come cura della polis

Pensatrice dell’azione, dell’etica e della responsabilità. Arendt ha affrontato il male non come mostro, ma come assenza di pensiero. Il suo sguardo è madre del giudizio: invita a restare svegli, a pensare anche quando è scomodo. Il suo femminile nutre la polis con il rigore della coscienza.

Gagliarda Paradiso – Saggezza incarnata e terapeutica

Filosofa del corpo, terapeuta dell’anima, ha unito Jung e il Tao, l’archetipo e il respiro. Ha curato attraverso la parola immaginale e l’ascolto profondo. La sua opera invita al ritorno: al corpo che sente, al grembo che accoglie, alla psiche che sogna.

Alda Merini – Poesia come partorire dal dolore

Portavoce della follia lucida, della bellezza che sanguina. Alda Merini ha trasformato i suoi internamenti in oracoli. Nei suoi versi l’amore è crocifissione e rinascita, la poesia è placenta e lama. Il suo femminile canta anche quando non c’è più voce.

Patrizia Cavalli – La parola come carezza che taglia

Poetessa raffinata e spietata, Cavalli ha reso sacro l’ordinario, limpido l’amore, sublime l’ironia. La sua voce è corpo, desiderio, precisione. La parola, da lei, non consola ma nutre perché tocca esattamente il punto. Femminile che guarda negli occhi e dice: “Io sono qui, e amo”.

Il sacro femminile

Il femminile che nutre è principio originario. È la forza che non invade, ma contiene. Che non impone, ma trasforma. È l’acqua che scava la roccia, il grembo che accoglie, la parola che guarisce.
Nell’epoca della frattura e della velocità, solo un ritorno a questo sacro femminile – oscuro, luminoso, incarnato – può guarire l’umano.
Riconoscere queste donne è già in sé un atto di nutrimento. Un gesto d’amore. Un inizio.

di Carlo Di Stanislao

La Redazione de La Dolce Vita
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