Giornata contro lavoro minorile
In occasione della Giornata internazionale contro il lavoro minorile, che si celebra il 12 giugno, Save the Children lancia un allarme urgente sulla situazione italiana.
Il lavoro minorile è una grave violazione dei diritti fondamentali di bambini, bambine e adolescenti. Impedisce loro di studiare, crescere serenamente e vivere un’infanzia dignitosa.
In Italia coinvolti 336mila minori
Secondo il rapporto “Non è un gioco”, 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni in Italia lavorano in modo continuativo, saltuario o occasionale. La percentuale sale tra i 14 e i 15 anni.
Infatti, un adolescente su cinque ha svolto o svolge un’attività lavorativa. Circa 58mila giovani tra i 14 e 15 anni svolgono lavori dannosi per la scuola e la salute psicofisica.
Settori ad alto rischio per i minori
I settori più colpiti dal lavoro minorile sono ristorazione (25,9%), commercio al dettaglio (16,2%), agricoltura (9,1%) e cantieri (7,8%). Crescono anche le attività online (5,7%).
Questi lavori sono spesso notturni, faticosi o percepiti come pericolosi dai minori stessi. Il fenomeno resta in gran parte sommerso e difficile da intercettare.
Lavoro minorile e abbandono scolastico
Molti minori lavorano durante l’orario scolastico. Ciò comporta assenze, difficoltà nello studio e maggior rischio di abbandono scolastico o acquisizione di competenze insufficienti.
Questi giovani rischiano così di accettare in futuro lavori sottopagati e pericolosi o di diventare Neet, alimentando povertà e disuguaglianze sociali già presenti.
Agire subito per proteggere i minori
Save the Children chiede interventi urgenti contro la povertà minorile, aumentata secondo gli ultimi dati Istat, e un maggiore supporto all’educazione e alla formazione.
Servono piani personalizzati per chi è a rischio abbandono scolastico, oltre a informazioni accessibili su borse di studio e sgravi fiscali per le famiglie svantaggiate.
Testimonianze che fanno riflettere
“Facevo cose stancanti per una ragazzina di 13 anni… crolli, non ce la fai” racconta F., 17 anni. “Troppe ore… il corpo non ce la fa” aggiunge M., 19 anni.
T., minore straniero dalla Tunisia, ha lasciato il lavoro dopo l’intervento degli educatori: “Mi hanno detto che non potevo andare a scuola. Ora seguo un corso.”