Ana Blandiana, una voce di resistenza tra grafia e versi

Ana Blandiana: Poesia come forma di resistenza

Il 20 maggio scorso, Ana Blandiana è stata ospite d’onore all’auditorium “L. Petruzzi” di Pescara per la cerimonia conclusiva dell’8ª edizione del Concorso nazionale Sinestetica, ricevendo il Premio “Città di Pescara – Sinestetica”. Un riconoscimento alla sua opera poetica, al suo impegno civile e alla sua testimonianza intellettuale, capace di oltrepassare la letteratura per risvegliare un ascolto profondo nelle coscienze di oggi.

Chi è Ana Blandiana?

Il nome Ana Blandiana sembra uscito da una poesia antica. E in effetti lo è, perché nasce come pseudonimo – creato da una giovane studentessa rumena il cui padre era in prigione politico – e si trasforma, con il tempo, in uno dei nomi più autorevoli della letteratura europea del Novecento e del nostro tempo.

Ana Blandiana

Scelsi ‘Blandiana’ perché è il nome di un antico castro romano, nonché paese di origine di mia madre. Ana invece fa rima con Blandiana.

Il vero nome della poetessa è infatti Otilia Valeria Coman. Negli anni del regime di Ceaușescu, con il padre incarcerato per motivi politici, pubblicare con il proprio cognome significava rischiare la censura o l’oblio. Così nasce Ana Blandiana, un nome costruito con consapevolezza poetica e affettiva.

Autrice di 15 volumi di poesia, 2 raccolte di racconti fantastici, 1 romanzo e 9 saggi, Blandiana ha tradotto la sua opera in 25 lingue. È fondatrice dell’Accademia Civica e del Memoriale per le vittime del comunismo, membro dell’Accademia di Poesia Stéphane Mallarmé e dell’Accademia Mondiale della Poesia (UNESCO). Ha ricevuto premi prestigiosi: Herder, Vilenica, Camaiore, solo per citarne alcuni.

Il segno della sua mano: riflessioni grafologiche

Non solo le parole, anche la grafia di Ana Blandiana racconta.
Osservando due campioni grafici – uno datato 1970, l’altro 2013 – si coglie una straordinaria coerenza tonica e stilistica, segno di una personalità lucida, interiormente solida, fedele a sé stessa. Nella firma la “A” iniziale, che richiama vagamente un 4, e la “B” dalla struttura fluida e non canonica, rivelano una identità non omologata, un tratto altamente personalizzato che non imita, ma afferma.

È una grafia venusiana ma decisa, dove la chiarezza grafica si unisce a una ritmicità armoniosa. Secondo l’analisi grafologica, il segno “Chiara” è indice di trasparenza di coscienza, linearità di comportamento, apertura mentale. Non c’è durezza nel gesto, ma una dolce fermezza, ascolto, fluidità femminile. Una scrittura che, come la sua poesia, non grida, ma incide.

Ana Blandiana

Ana Blandiana: Poesia come eco della coscienza

Nella raccolta Un tempo gli alberi avevano occhi (Donzelli, 2004, trad. it. di Bianca Frabotta e B. Mazzoni), la voce poetica di Blandiana si fa specchio di una coscienza ferita ma vigile, capace di interrogare il mondo con lucidità e malinconia. I suoi versi sono colpi d’ala che sfiorano l’etica, la storia, la natura perduta:

“Ho cominciato con poco, senza una vera colpa,
un gesto mancato, un sorriso trattenuto,
e quale ecatombe di cari morti ora –
per scelta mia, per scelta mia, per scelta mia…”

La colpa esistenziale si fa eco dell’assenza di solidarietà tra uomo e natura: gli alberi, le serpi, l’erba sono metafore di un mondo disilluso in una poesia come soglia tra l’intimo e il collettivo, tra l’etica e l’estetica.

Un’immagine per concludere: il nitore della libertà

Ana Blandiana non è soltanto una poetessa. È una coscienza poetica che si è fatta gesto civile, come la sua grafia che sembra resistere al tempo segno di coerenza interiore. La sua parola attraversa il Novecento e giunge a noi con la stessa sobria potenza con cui è stata concepita.

A lei vorrei associare questa straordinaria fotografia di Sabine Weiss, scattata in Grecia nel 1960: una donna corre tra uomini immobili che vendono pane. Intorno, luce netta, ombre decise, tempo fermato eppure in corsa.

Sabine Weiss, Venditori di pane, Grecia, 1960

C’è in questa immagine nitore e libertà, un senso di non convenzionalità luminosa, di armonia tra immobilità e moto. La donna che corre, fuori dal centro eppure visibile, è Ana Blandiana: nel suo gesto, nel suo stile, nella sua calligrafia che non chiede permesso, ma si firma nel mondo. Come in poesia, non serve gridare per lasciare traccia.

Ana Blandiana con il marito Romulus Rusan

 

di Monica Ferri (grafologa e perito grafico giudiziario) monichar52

Materiale consultato:

Ana Blandiana, Applausi nel cassetto, Elliot, 2021.

Ana Blandiana, Un tempo gli alberi avevano gli occhi (traduzione
italiana a cura di Bianca Maria Frabotta e Bruno Mazzoni), Donzelli, 2004.

La Redazione de La Dolce Vita
👉 Segui La Dolce Vita 4.0 su FacebookX,  InstagramYoutube e Threads per non perderti le ultime novità!