Aspirina contro i rischi del cuore: lo studio dell’Università D’Annunzio sui farmaci antireumatici JAK

Rischio cardiovascolare e farmaci JAK: nuovo studio della “d’Annunzio”

La professoressa Paola Patrignani dell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti ha coordinato un importante studio sul rischio cardiovascolare legato ai farmaci antireumatici.

I ricercatori hanno identificato gli inibitori delle Janus chinasi (JAK) come nuova classe di farmaci utilizzati per trattare artrite reumatoide e infiammazioni croniche.

Questi farmaci esercitano un’azione immunosoppressiva, alleviano i sintomi, proteggono le articolazioni e, di conseguenza, migliorano significativamente la qualità della vita dei pazienti. Tuttavia, lo studio ha mostrato che il tofacitinib, un noto inibitore JAK, può aumentare il rischio cardiovascolare nei pazienti con malattie infiammatorie croniche.

JAK inibitori e aumento di TXA2

I ricercatori hanno pubblicato a maggio, su Annals of the Rheumatic Diseases, risultati che mostrano come gli inibitori JAK aumentino la produzione piastrinica di TXA2.

Le piastrine, stimolate dagli inibitori JAK, rilasciano TXA2, che provoca vasocostrizione e attivazione piastrinica, contribuendo così allo sviluppo di eventi trombotici cardiovascolari. Inoltre, gli studiosi hanno osservato che i leucociti, sotto l’effetto dei JAK inibitori, producono maggiori quantità di TXA2 e prostaglandina E2, aggravando il rischio cardiovascolare.

Rischio cardiovascolare e farmaci: Il ruolo protettivo dell’aspirina a basse dosi

La professoressa Patrignani ha dimostrato che l’aspirina, somministrata a basse dosi, normalizza efficacemente la produzione di TXA2 causata dal farmaco antireumatico tofacitinib. Di conseguenza, i ricercatori propongono di combinare aspirina e inibitori JAK per ridurre significativamente il rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da artrite reumatoide.

Collaborazioni e prospettive future

Il team della “d’Annunzio”, insieme alla dottoressa Patrizia Di Gregorio dell’Ospedale “SS. Annunziata” e al Karolinska Institute, ha condotto attivamente lo studio.

In conclusione, la professoressa Patrignani sottolinea l’urgenza di avviare nuovi studi clinici ed epidemiologici per confermare i risultati e rafforzare la sicurezza terapeutica.

La Redazione de La Dolce Vita
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