Scrittura di Wisława Szymborska: un viaggio tra poesia, ironia e mistero nella grafia di una Nobel capace di costruire ponti con le parole.
Scrittura di Wisława Szymborska: misura, ironia e stupore
Non sa a che serve questa vita, e costruirà un ponte
Wisława Szymborska, Ritratto di donna, in “Gente sul ponte” (traduzione di Pietro Marchesani), Adelphi Edizioni, Milano, 1996.
Una dichiarazione paradossale, ironica e disarmante, proprio di chi ha attraversato la vita con la poesia come sguardo e non come vessillo.
Wisława Szymborska (1923–2012), Premio Nobel per la Letteratura nel 1996, non ha mai amato l’enfasi, né il clamore. La sua poesia è fatta di tagli chirurgici, incastri delicati, dettagli minuscoli che scardinano le certezze. E lo stesso vale per i suoi collage, composti da ritagli surreali e aforismi disorientanti, che spediva come cartoline agli amici. Un gioco serio. Una forma d’arte.
Anche nella sua grafia – minuto atto d’espressione quotidiana – ritroviamo la stessa tensione tra misura e stupore. Nulla di vistoso, nessuna calligrafia da vetrina, solo il fluire limpido di un pensiero che rifugge l’ornamento, eppure non rinuncia all’ironia. La scrittura di Wisława, come i suoi versi e i suoi collage, parla piano. Ma incide.
Una scrittura che abita il reale e si apre al mistero
Nel manoscritto della poesia Nienawiść (Odio), la grafia di Wisława Szymborska appare nitida, sobria, segnata da un calibro piccolo e da un’organizzazione regolare ma non statica dello spazio grafico. È una scrittura che si concentra nella zona mediana, segno di chi vive immerso nel presente e nelle trame del quotidiano, con una mente vigile, analitica, capace di misura e di equilibrio.
Ma non è il singolo segno a raccontarci davvero chi scrive – quanto piuttosto le combinazioni che emergono dall’insieme. Così, la misurata pendenza verso destra si unisce a un movimento ascendente del rigo e a frequenti aperture a capo delle vocali: questa triade grafologica suggerisce una personalità incline all’ascolto dell’invisibile, mossa da una fiducia vitale, da un senso di ricerca che sfiora il misticismo. È il gesto stesso, nella sua interezza, a parlare, una scrittura che parte dal concreto ma tende verso un altrove, che intreccia lucidità e slancio, ironia e profondità.
La firma di Wisława Szymborska: freschezza e ironia nella sua scrittura poetica
Una firma che conserva intatta la lucidità dell’ironia
Nella firma di Wisława Szymborska (datata 1998) sorprende la persistente freschezza del gesto, come se la mano conservasse lo stupore dell’inizio. Non c’è rigidità né posa, piuttosto emerge una fluidità vibrante, segno di una mente duttile, mobile, capace di cogliere il dettaglio minimo per svelare una verità universale. La scrittura mantiene una lieve inclinazione ascendente, una disposizione obliqua che racconta uno sguardo curioso sul mondo, sempre teso verso l’altro e verso l’alto.
La grafia è inclinata, personale, originale nel ritmo e nella struttura. Si legge qui il tratto di un’intelligenza arguta, mai convenzionale, portavoce di una poesia in quasi prosa che — attraverso l’ironia e la leggerezza – smaschera le menzogne collettive e i piccoli autoinganni individuali.
Anche in una semplice dedica autografata si cela una visione limpida e profonda, capace di toccare l’umano nella sua fragilità e, insieme, nella sua possibilità di riscatto.
Szymborska, che amava creare collage con ritagli minimi e associazioni impreviste, sembra ricostruire anche attraverso la scrittura la sua visione del mondo: un mosaico preciso ma sorprendente, dove nulla è scontato e ogni frammento può aprire varchi inattesi nella realtà.
Amo chiudere questo contributo lasciando spazio direttamente alla voce della poetessa. Ritratto di donna, poesia che abbiamo citato all’inizio, si presenta come uno specchio frantumato ma lucidissimo, in cui l’identità femminile – e forse ogni identità – si rivela mobile, sfuggente, mai riducibile a una sola definizione.
Ritratto di donna
Deve essere a scelta. Cambiare, purché niente cambi. È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena. Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi, neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime. Dorme con lui come la prima venuta, l’unica al mondo. Gli darà quattro figli, nessuno, uno. Ingenua, ma è un’ottima consigliera. Debole, ma sosterrà. Non ha la testa sulle spalle, però l’avrà. Legge Jaspers e le riviste femminili. Non sa a che serve questa vita, e costruirà un ponte. Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane. Tiene nelle mani un passero con l’ala spezzata, soldi suoi per un viaggio lungo e lontano, una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka. Dove è che corre, non sarà stanca? Ma no, solo un poco, molto, non importa. O lo ama, o si è intestardita. Nel bene, nel male, e per l’amor di Dio.
(traduzione di Pietro Marchesani)
In questi versi risuona la stessa essenza che si legge nella sua grafia: l’intelligenza duttile, l’ironia, la capacità di vedere il mondo in tutta la sua contraddittoria e struggente bellezza. Ma non solo il meraviglioso, anche l’amaro, il disordine, il dolore. E forse proprio lì, nel riconoscere ciò che è scomodo e instabile, risiede l’unico riscatto possibile per l’artista. Szymborska, con la penna e con la grafia, costruisce ponti fra l’assurdo e il senso, fra l’ordinario e l’invisibile.
Monica Ferri
Grafologa e perito grafico giudiziario
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